Categorie: InterSerie A

Montecarlo, il giorno dopo: ecco cosa non ha funzionato a dovere

Il giorno dopo una sconfitta è solitamente quelo dele riflessioni a mente fredda. Ieri l’Inter ha giocato ben al di sotto delle sue potenzialità, su questo non ci sono dubbi. Ma, nello specifico, cosa non ha funzionato? Benitez avrà modo di valutare al meglio ogni dettaglio che andrebbe raffinato e che al ‘Louis II’ non è andato come doveva. Anche ieri il tecnico ha raccolto molti appunti nel suo taccuino e la speranza è che trovi l’antidoto ai limiti palesati dai nerazzurri, ma anche ai propri errori. Nello specifico, proviamo ad analizzare cosa non è andato per il verso giusto contro l’Atlètico Madrid, senza tuttavia negare i meriti ai Colchoneros, bravissimi tatticamente e superiori fisicamente.

1) Innanzitutto, un aspetto fondamentale è la questione fisica. Normale che il 27 agosto la squadra non possa essere al meglio, che le gambe non girino a dovere e il fiato si esaurisca ben prima del 90’. Ma il calo di ieri preoccupa considerando che siamo alla vigilia dell’inizio del campionato e i giorni per il rodaggio sono ormai agli sgoccioli. Inoltre, anche gli spagnoli devono iniziare la Liga, quindi non possono vantare chissà quale vantaggio sull’Inter dal punto di vista della preparazione fisica. Tra tutti i nerazzurri, coloro che hanno evidenziato un forte ritardo sono Cristian Chivu, Javier Zanetti e Diego Milito, anche se i compagni non è che brillino per condizione.

Il romeno fatica tremendamente a recuperare il paso giusto per giocare a sinistra. Contro la Roma Menez lo ha meso speso in crisi, ieri è stato Reyes a lasciargli la visuale della targa. Chivu soffre un fisico possente, che già lo pone in svantaggio rispetto a esterni più rapidi, e che inoltre richiede più tempo per carburare a inizio stagione. Il capitano ha iniziato dopo rispetto ad altri compagni, ma non è la corsa che gli manca. I chilometri macinati e lo spirito di sacrificio restano gli stessi, ma la lucidità non è ancora quella proverbiale. Strano, considerando che Pupi è sempre il primo a entrare in forma e a trascinare i compagni. Infine Milito, finora un corpo estraneo nell’Inter di Benitez. La partecipazione al Mondiale è stato un danno, perché non ha potuto giocare e gli ha impedito di iniziare la preparazione nei tempi giusti. L’argentino, 31 anni, ha bisogno di metere minuti nele gambe per trovare la giusta condizione e il surplus di vacanza, di cui non aveva goduto la scorsa stagione (e i risultati si sono visti con gol a raffica), ora lo limita. Il Principe non trova una posizione adeguata, gira alla larga dal gioco e ha dei momenti in cui sparisce completamente. Poi, viene sovrastato da difensori più prestanti di lui, che gli negano la ricezione o il controllo del pallone. Il rigore fallito contro i Colchoneros conferma che la lucidità al momento è lontanissima. Un guaio, considerando che Benitez continua a impiegarlo per tutta la partita perché in panchina non ha una prima punta che possa dargli fiato quando la luna è evidentemente storta.

2) In secondo luogo, l’organizzazione tattica. Tecnicamente, il 4-2-3-1 è lo stesso proposto da Mourinho la scorsa stagione, che ha fruttato la storica Tripletta. Ma da un altro punto di vista qualcosa è cambiato e la squadra ne risente. Benitez chiede ai suoi di giocare più alti, soprattutto in difesa, ma questo atteggiamento obliga i difensori a stancanti recuperi in velocità e se il fisico non ti sostiene rischi di fare brutte figure. Non è un caso se l’Inter abbia rimediato due reti facendosi trovare impreparata in difesa, dopo aver perso una palla a centrocampo. Con la retroguardia troppo alta Lucio e Samuel, che sono soprattutto centrali di posizione, sono costretti a rincorrere avversari spesso più rapidi di loro, un compito più adatto, per esempio, a Cordoba, che però a 34 anni non ha più lo spunto di una volta. Ieri, inoltre, un errore di Benitez è stato sperimentare Stankovic nella posizione di Pandev. Il macedone, mancino, ha la duttilità e soprattutto la velocità per giocare da ala, mentre il serbo preferisce essere al centro del gioco, pur essendo in grado di giocare ovunque. Si spiega così la sua tendenza ad accentrarsi, creando confusione con Zanetti e Cambiasso e non favorendo le discese di Maicon, abbandonato alla mercè di due avversari pronti ad attenderlo (Simao e Dominguez). A questo si aggiunge una distanza evidente tra i reparti, che lascia Milito troppo solo in attacco e costringe Eto’o a sfidare in dribbling l’aversario di turno per creare superiorità, laddove non trova l’assistenza di un compagno. Se poi Sneijder non è in serata o viene aggredito dall’Assunçao di turno, la luce tende a spegnersi.

3) Infine, la mentalità. Rispetto ala squadra tritatutto ammirata fino a maggio, questa Inter sembra più timida, quasi preoccupata di eseguire a dovere il compitino impartito dal tecnico. Ci può stare per una squadra che ha da poco cambiato insegnante, i primi passi sono sempre i più complicati. Ma nei momenti più delicati, questi giocatori ci hanno mostrato quanto la personalità conti più della tattica, è così che l’Inter ha imparato a ribaltare risultati negativi o a mantenere quelli positivi. Oggi questa aggressività sembra ancora in vacanza, schiacciata dall’appannamento dovuto al ritardo nella condizione e, verosimilmente, dal timore di giocarsi la fiducia del tecnico provando a improvvisare. Mourinho teneva particolarmente all’equilibrio tattico della sua squadra, ma nel momento critico lasciava il comando ai suoi uomini affinché trovassero da loro il modo di portare a casa la partita. Benitez contro l’Atlètico Madrid ha cercato, soto di un gol, a rinfoltire il reparto offensivo, rinunciando all’equilibrio. Il 4-2-4 proposto alla mezz’ora della ripresa lo testimonia. Ma questo disperato tentativo va fatto quando le gambe girano e a centrocampo hai giocatori in grado di inseguire l’avversario. Ieri queste condizioni non sussistevano, ma l’allenatore non aveva molte altre cartucce da sparare. Gli si potrebbe fa notare, per esempio, che puntare sulla velocità di Biabiany avrebbe fatto comodo, ma con il senno di poi siamo tutti fenomeni.

[Fabio Costantino – Fonte: www.fcinternews.it]

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