In questo campionato in cui Milan e Juventus combattono per lo scudetto, a portare avanti l’orgoglio meridionale sono le città dei due vulcani, il Vesuvio e l’Etna, Napoli e Catania. Due società che fino a poco tempo fa militavano nella terza serie adesso lottano a volte fianco a fianco (vedi eliminazione del Siena, vedi l’1-0 sulla Lazio) a volte contro per portare un po’ del calcio che conta pure al sud Italia, per poter far conoscere il calore meridionale in tutta Europa e a tutti gli appassionati di pallone che, non sanno…
Il Napoli sembra ormai una società affermata in Italia ma anche in Europa, grazie all’ottima annata di Champions League che li ha visti bloccarsi solo agli ottavi di finale contro il Chelsea di Drogba , Lampard e company. Immagini che hanno riportato ai vecchi tempi degli scudetti di Maratona. Il Catania invece vuole iniziare la propria storia proprio dalla speranza di agganciare il sesto posto che significherebbe la storica qualificazione ai preliminari di Europa League od ex coppa Uefa se volete.
Oltre ai vulcani ed all’orizzonte europeo, Napoli e Catania hanno in comune il calore della gente, il sole, il mare e la fortuna di essere state prese dal nulla (calcisticamente parlando) da due presidenti che le hanno portate allo splendore di oggi.
Aurelio De Laurentis, nel 2004, prese il Napoli appena uscito dal tribunale e diretto in serie C1, un mondo così lontano e buio in confronto a quello che era stato vissuto fino a qualche anno prima. Obiettivo? Riesumare i fasti d’un tempo e rendere alla piazza un finale più lieto di quello prospettato prima del suo arrivo. Il primo anno di purgatorio si concluse anch’esso come una serie cinematografica non proprio finita bene, anzi iniziata male e finita peggio, proprio con la sconfitta/spareggio per la B, niente di meno che contro i peggiori nemici dell’Avellino. Ma De Laurentis prese per mano quel Napoli, gli diede un progetto, un direttore sportivo come Pierpaolo Marino, ed in due anni portò la squadra a volare nuovamente in serie A, sorvolando subito i cieli d’Europa, con l’intertoto il primo anno, e successivamente Europa League (sedicesimi di Finale) e fino ad oggi, Champions League.
Se il Napoli venne preso in un frangente scomodo in C1, ma pur sempre con un grande blasone segnato nel passato, Antonino Pulvirenti prese un Catania che dalla serie A mancava da una generazione, oltre 20 anni, senza giocatori, in serie B, per giunta indebitato. Prima che programmare si dovette pensare a rifondare, la prima pietra fu Pietro, Pietro Lo Monaco, il direttore che Pulvirenti aveva saggiata ed apprezzato nell’esperienza con l’Acireale, e che portò a Catania giocatori d’esperienza (vedi Ferrante) ma che non portarono il giusto apporto alla causa. L’anno successivo i dirigenti etnei non commisero lo stesso errore e impostando la rosa con innesti freschi e giovani, che sulla carta sembravano meno competitivi, vinsero la loro prima scommessa: il 28 maggio 2006, la promozione in serie A, la speranza e la promessa di poterci stare il più possibile.
Gli anni, le soddisfazioni, le delusioni, i gol, passano e il Catania riesce a salvarsi anno dopo anno, ottenendo sempre più salvezze, equiparabili a scudetti, sudando sempre meno e giocando, e divertendo sempre di più fino a conquistarsi un ruolo nella lotta per l’Europa League, sovvertire l’assetto calcistico siciliano che vedeva il Palermo squadra di punta, battuto sempre nei derby, ma sempre davanti al termine del campionato.
Domenica il Catania affronterà il Napoli per una partita dal sapore “continentale” con la consapevolezza di potersela giocare contro una squadra che si trova a proprio agio in Europa con i suoi tre tenori Cavani – Lavezzi – Hamsik e di poter rispondere con Bergessio – Gomez – Barrientos.
Sarà sicuramente una partita calda per l’importanza dei punti in palio e scaldata dai caldi tifosi partenopei e catanesi, con la speranza che questa volta si concluda con una stretta di mano.
[Vittorio Calì – Fonte: www.mondocatania.com]