Inizia una nuova era. Da poche ore infatti s’è aperta quella di Rafa Benitez e, anche se il campo è lontanissimo, Aurelio De Laurentiis sembra esserne uscito già da vincitore. Dopo le parole d’addio di Mazzarri al termine della gara con la Roma, nell’ambiente partenopeo – di per sé già solitamente negativo sui programmi societari – l’idea comune era quella di un ciclo interrotto nel momento cruciale, di un allenatore che si tira indietro, stanco della poca competitività della società. In molti – compresi ovviamente i critici di professione che da queste parti abbondano – erano ormai pronti a recitare il De profundis, considerando anche che alternative come Guidolin, Pioli e Maran non convincevano, assicurando una continuità ma paradossalmente solo per quanto riguarda gli aspetti negativi della gestione Mazzarri.
Il giudice supremo è sempre il terreno di gioco e, pur essendo il calcio imprevedibile e spesso spietato, si può già promuovere la scelta della società di bussare alla porta di Rafa Benitez. Qualche anno fa pensare ad un tecnico di questo livello sarebbe stato da folli. Tralasciando il palmarés, il tecnico si sposa alla perfezione con la linea del presidente – giusta o sbagliata che sia – che ha sempre avuto come priorità la Champions League, che considera l’unico metodo per aumentare gli introiti e di conseguenza il livello della rosa: attraverso i ricchissimi premi dell’Uefa, ma anche botteghino e diritti tv, oltre al ritorno d’immagine per sponsor e l’aumento del valore del marchio in tema di merchandising, due fattori questi ultimi in grande crescita negli ultimi bilanci.
La scelta è da condividere perchè, perso Mazzarri, la società non ha puntato su tecnici emergenti o provenienti da squadre di bassa caratura. Oltre a dare un segnale chiaro alla piazza, sulle potenzialità del club e la prossima campagna acquisti, si è puntato fortemente ad aprire un nuovo ciclo, considerando le caratteristiche di Rafa Benitez che – al di là dell’esperienza da traghettatore al Chelsea (e non proprio in un club qualunque…) – ha sempre basato la sua carriera su cicli: approdare in un club per plasmare una nuova squadra, farla crescere negli anni gradualmente e spesso culminando il percorso con dei successi. Valencia e Liverpool, ad esempio, sono di certo grandissimi club, ma non certamente superpotenze che in quegli anni avevano vinto tutto. Ed invece l’hanno fatto. Quindi, sulla carta chi meglio di Benitez per iniziare un nuovo percorso? Coniugando magari il cambio in panchina con la necessità di una mini rivoluzione d’organico, e di conseguenza di gioco, considerando i tanti cambi che ci sono all’orizzonte. A tutto questo però bisogna aggiungere che c’è bisogno di supportarlo in sede di campagna acquisti con giocatori – soprattutto nei tre alle spalle della punta – congeniali alla sua idea tattica, ma prima di tutto contare sulla fiducia dell’intero ambiente anche se inizialente non dovesse trovare la giusta chimica di squadra. Tutte situazioni che non si verifcarono all’Inter ancorata ancora al triplete di Mourinho.
Altro fattore evidente è la diversa mentalità tra i due tecnici. Pur avendo apprezzato ed esaltato l’enorme lavoro del tecnico toscano, nell’ultimo periodo le conferenze sono state dominate da termini come parametri, top-player, ingaggi, gap economico (e l’Inter in questo senso non sembra al momento superiore al Napoli su questi fattori). La differenza è anche in questo. Le prime parole di Benitez sono state: “Ho firmato per un grande club. In primis per la storia del club, la città e la sua cultura con tutte le tradizioni, ma devo confessare di essere emozionato perché posso condividere la passione per il calcio con i tifosi del Napoli che vivono questo sport in modo molto speciale”. Quelle che Mazzarri chiamava pressioni spingono invece Benitez ad allenare. In tante interviste – persino nella presentazione all’Inter – lo spagnolo ha sottolineato il suo amore per l’Italia a causa dell’estrema attenzione verso il calcio. Quel vivere ventiquattro ore, da parte di tifosi e stampa, le vicende della squadra, entrando nelle vicissitudini tecniche e tattiche prima, durante e dopo le gare, come non avviene in nessun’altro campionato. Sono bastate poche parole, dopo l’ufficialità, ad evidenziare il taglio netto col passato: “Mi piacerebbe essere accolto come un membro della grande famiglia napoletana in modo da cercare di vincere e condividere i successi fin da subito grazie al lavoro di tutte le componenti”. Successi, una parola mai sentita in quattro anni di Mazzarri, neanche nella conferenza alla vigilia della finale di Coppa Italia oppure quando la squadra era prima in classifica.
STAFF – Le differenze tra i due personaggi proseguono sul campo. Sullo spagnolo si è detto e scritto di tutto e di più in questo giorni. Abbiamo già provato ad abbozzare anche come sarebbe attualmente il suo 4-2-3-1, ma anche in questo caso potrebbe differenziarsi da Mazzarri visto che in base ai giocatori a disposizione spesso ha cambiato atteggiamento tattico. Lui stesso ritiene che il successo del suo lavoro è dovuto al suo staff. Al momento certi di seguirlo a Castelvolturno sono il preparatore atletico Francisco de Miguel Moreno e l’allenatore dei portieri Vicente Javier Valero Berchili.
Insieme al manager, De Miguel ha studiato un software per monitorare le prestazioni dei giocatori, riuscendo a prevenire i cali ed avendo suggerimenti “scientifici” in materia di turnover per il doppio impegno. Tre i motivi alla base del turnover sistematico: infortuni, continuità rendimento, competizione ed armonia spogliatoio. Nella conoscenza della squadra ad inizio stagione – quando le forze sono al massimo – il presunto titolare viene monitorato per tre gare minuto per minuto per distanza percorsa ed in quale metodo la raggiunge con vari indicatori (camminando, correndo, sprintando ecc.) e paragonando i fattori della prima gara con la seconda e poi con la terza, in base a quanto sarà rilevante il suo calo si stabilirà con un coefficiente la capacità di rendere di fronte alle gare ravvicinate e, di conseguenza, quante partite giocherà quando ce ne saranno tre in una settimana in modo da avere per tutta la stagione un rendimento massimale. Ovviamente questo metodo scientifico aggiunge ad ogni gara anche indicatori sulle varie differenze tra i match, come ad esempio le differenze climatiche o di respirazione per i diversi posizionamenti degli impianti. L’allenamento settimanale, invece, solitamente viene fatto basandosi su cicli di due settimane, per poi pianificarne uno nuovo sui risultati ottenuti in quello appena concluso.
Meticoloso anche il lavoro dell’allenatore dei portieri Javi Valero. In ogni sua avventura viene ricordato per la particolarità di lavorare anche con gli attaccanti e non solo. Oltre all’allenamento partecipa alla preparazione della partita compilando schede e fornendo dvd ai portieri sulle caratteristiche degli attaccanti avversari mentre a quelli della propria squadra (oppure a chi tira i calci da fermo), viceversa, fornisce lo stesso materiale per quanto riguarda i portieri avversari. Filmati che mostrano i giocatori in azione su ogni tipo di conclusione o intervento in modo da individuare la soluzione migliore. Presto potrebbero aggiungersene altri: come ad esempio il tattico Dave McDonough. Molto più di un osservatore per Benitez, un collaboratore fidato che dichiarò simpaticamente di odiare Rafa perchè non gli permette di conoscere nulla della squadra per cui lavora, dato che la domenica è già al seguito della squadra che verrà affrontata la prossima settimana, per preparare materiale multimediale basato (successivamente filtrato da ulteriori software) su cui basare la preparazione tattica settimanale da sottoporre alla squadra dopo ulteriori analisi fatte da Rafa.
[Antonio Gaito – Fonte: www.tuttonapoli.net]