LOS ANGELES – Lebron James, nel corso del suo show su Uninterrupted ha commentato la serie Netflix “The Last Dance”. Queste le sue parole: “Per il modo in cui gioco a basket io, mettendo la squadra al primo posto, le mie caratteristiche avrebbero funzionato alla perfezione con quelle di Mike. Lui è un assassino, e con lui a segnare com’era capace di segnare e io a passare il pallone, con la mia abilità di leggere il gioco in anticipo”.
Il 23 dei Lakers ha, poi, aggiunto: “Ho osservato tutto quello che Scottie Pippen è stato capace di fare con Mike. Io avrei portato tutto a un altro livello ancora. Pip è sempre stato uno dei miei giocatori preferiti, ma se avessi giocato da point forward accanto a Jordan in quei Chicago Bulls saremmo stati davvero di un altro livello. Amo quando qualcuno, un mio compagno o un allenatore, mi sfida. A Miami Dwyane Wade lo faceva in continuazione: ‘Dai, n°6, andiamo, fammi vedere cosa sai fare’. A Cleveland era coach Lue: ‘Cosa stai aspettando?’. Michael faceva lo stesso, ma sono convinto che l’intesa tra i nostri stili di gioco sarebbe stata perfetta”.
Poi, spazio ad un aneddoto datato 2003: “Quando il camp finiva io e Michael restavamo in campo insieme a una serie di giocatori di college da lui invitati. Iniziavamo a giocare attorno alle 9 di sera, e di solito si andava avanti per un’ora, un’ora e un quarto. Quando sono stato in squadra con lui non abbiamo mai perso una partita. Per la prima ora stavo a guardare, non mi lasciavano neppure giocare. Poi quando qualche pro della NBA si stancava, allora al suo posto entravo io. ‘Ehi, ragazzino, abbiamo bisogno di un decimo: vuoi giocare?’, e a me non sembrava vero”.
E infine: “Per un ragazzino come me cresciuto come sono cresciuto io a Akron, Ohio ogni ispirazione è fondamentale, e di solito questa arriva dai campioni dello sport o dagli artisti: sono loro a farti credere che puoi diventare tutto quello che vuoi. Per me Michael Jordan era una sorta di angelo mandato dal cielo che mi aiutava a superare alcuni dei giorni più bui della mia vita, perché anche se ero solo un ragazzino di 9 anni quei momenti non mancavano, e ogni giorno in cui sapevo di poter vedere una partita di Mike in TV per me era una iniezione enorme di energia, di vita”.
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