In quel di Sestola il Bologna continua a lavorare a tutto spiano agli ordini del martellante mister Bisoli, che grazie alla sua dedizione, al suo entusiasmo e alla sua schiettezza è già entrato nel cuore dei tifosi rossoblù. La squadra piace e si fa apprezzare, sono sì partiti Viviano e Britos ma sono arrivati nomi di sicura affidabilità come Gillet e Antonsson e altri molto stuzzicanti come Acquafresca e Diamanti.
La società anche quest’estate ne ha combinate di cotte e di crude ma tutto sommato è riuscita ad assemblare un gruppo che per la prima volta dopo tanti anni potrebbe quasi permettere ai tifosi di dormire sonni tranquilli e perché no, magari di sognare pure. Ma come tutti sappiamo la vita del tifoso del Bologna è faticosa e complicata, e infatti anche stavolta c’è qualcosa in grado di rendere scomodo il materasso e bollente il cuscino. Della serie: insonnia perenne.
Lo scorso anno tale Sergio Porcedda e tale Carmine Longo (non hanno bisogno di presentazioni, specialmente il primo) “acquistano” (fra virgolette enormi) dal Peñarol per poco più di 3 milioni di euro un giovane uruguaiano che fra gli addetti ai lavori gode di una certa stima ma che ai più è assolutamente sconosciuto: Gaston Ramirez. Nonostante le molte problematiche burocratiche ed economiche il ragazzo di Fray Bentos, grazie al Bologna, realizza il suo sogno di giocare in uno dei campionati più importanti al mondo, la Serie A. Fin da subito lascia intravedere grandi doti, sia tecniche che fisiche, ma vista anche la giovane età alterna prestazioni deliziose al altre assolutamente incolore. Alla fine i suoi gol sono sette, quattro in campionato (tutti pesanti) e tre in Coppa Italia (tutti decisivi). Il primo bilancio della sua avventura italiana è quindi positivo, anche se è presto per dire se Ramirez diventerà o meno un fuoriclasse. Detto ciò, col rischio di scendere pericolosamente nel banale, va premesso che nel calcio il sentimento chiamato ‘riconoscenza’ non è mai esistito e mai esisterà e che i dollari contano più di ogni altra cosa. Una sola cosa però non dovrebbe mai venire a mancare: il rispetto. E qui torniamo all’estate 2011. Ramirez, evidentemente incendiato nell’animo dal suo ambizioso procuratore Pablo Betancourt, crede di essere improvvisamente diventato Leo Messi, chiede alla società di essere ceduto a una squadra migliore (della serie: io tengo molto a Bologna, al Bologna e alla maglia che mi ha fatto diventare qualcuno) o quantomeno pretende che gli venga quintuplicato l’ingaggio (stando a quanto riportato dai giornali). Ora, non c’è dubbio che molta di questa farina provenga dal sacco del già citato Sig. Betancourt (sul quale vorrei aprire una parentesi molto grande ma che preferisco ignorare totalmente, di lui si parla già troppo, molto più di quello che meriterebbe), ma di certo El Niño non sta facendo nulla per continuare a farsi amare dal popolo del Dall’Ara. Io sono Messi, il Bologna non vale nulla, voglio tanti ma tanti soldi in più. E il rispetto dov’è? Se proprio si vuole cambiare aria c’è comunque modo e modo di comportarsi: l’esempio migliore è quel Gaby Mudingayi che ha parecchie richieste ma che sia in allenamento che in partita si danna l’anima manco fosse la finale di Champions League.
E a proposito, ci mancherebbe solo che venisse ceduto pure lui… In una recente intervista il vicepresidente della società Maurizio Setti ha tenuto a ricordare a Ramirez e al suo agente che in caso si arrivi ad un muro contro muro insostenibile al mondo esistono anche le panchine e le tribune. E ha fatto bene (Lotito docet, lui sì che non si fa prendere per il collo dai calciatori, ricordate quello che fece con Pandev?). Ora però alle parole devono seguire i fatti. Una società seria dovrebbe immediatamente ritirare il calciatore dal mercato (altro che “È incedibile ma…”, “È il nostro grande talento però…”, tutte cose che fanno imbestialire i tifosi), fare la voce grossa di fronte al procuratore e proporre un adeguamento del contratto a cifre ragionevoli. Rifiuti? Bene, allora quella è la panchina. Io sono certo che nel giro di un mese al massimo quelle stesse cifre inizialmente rifiutate inizieranno ad andare bene, perché si sa che a forza di stare seduti a guardare gli altri ci si stanca. Vendere un prospetto del genere in questo momento non solo significherebbe indebolire e non poco la squadra in vista dell’inizio della stagione, ma anche dare un messaggio estremamente negativo (l’ennesimo) a una piazza che ha già superato da tempo il limite della pazienza.
Vendere Ramirez adesso (per 10 milioni ‘puliti’, quando fra un anno potrebbero essere 20) sarebbe come dire: “Noi siamo solo il Bologna, non contiamo nulla, non abbiamo aspirazioni e la gente di talento può giocare solo altrove”. Significherebbe darla vinta a tutte quelle squadre che considerano il Bologna un outlet dove fare shopping magari liberandosi pure di qualche avanzo (con tutto il rispetto per Aronica, Bogliacino, Cigarini, Kroldrup e via di scorrendo). Vogliamo davvero ridurci a questo? Finora Guaraldi, Setti e tutti gli altri soci, criticabili per mille ragioni, hanno sempre tenuto duro e mantenuto una certa dignità. Lo hanno fatto con Viviano (non si erano inchinati davanti all’Inter, poi l’errore di Pedrelli ha cambiato le carte in tavola), con Britos (solo cash e niente contropartite d’annata) e con l’Udinese (D’Agostino in vendita per noi a quattro milioni e per gli altri a meno della metà), accumulando un tesoretto che consente di vivere in serenità senza bisogno di vendere altri pezzi pregiati (a meno che non esistano buchi di baraldiana memoria, ma noi dobbiamo fidarci delle parole dell’attuale proprietà). Ora però è arrivata la prova più difficile. Servirebbero più abilità e più esperienza per combattere questa battaglia, doti che i capi rossoblù devono ancora maturare.
Ma l’orgoglio di dire: “Noi siamo il Bologna e vogliamo farci rispettare!” non deve mancare mai. E al ragazzino di Fray Bentos, che in rossoblù sta diventando grande, vorrei lanciare un messaggio, che credo sia quello di una tifoseria intera. Caro Gaston, da ragazzo intelligente quale sei fermati un attimo a riflettere: meglio un’altra annata o magari due in una squadra sì di medio livello ma dove sei un idolo e un punto di riferimento per tutti o tanta panchina in una ‘grande’? Meglio l’amore di una città intera o il falso interesse di una agente che punta solo ad una cospicua percentuale sulla tua prossima cessione? Pensaci Niño, perché sei il nostro genietto, il nostro numero 10, e Bologna ti vuole bene davvero.
[Simone Minghinelli – Fonte: www.zerocinquantuno.it]
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