Due squadre diverse quelle ammirate quest’anno dai tifosi rossazzuri.
Con Baldini si rivede un equilibrio tattico che con Marino, l’anno prima, non c’era. Lo dimostra la difesa, che subisce molti meno goal, Terlizzi e Stovini trovano un affiatamento non da poco, ergendo un muro davanti la porta rossazzura. Sui laterali lavorano Vargas, esploso come dalle previsioni, e Sardo, rivalutato dopo l’opaco anno precedente e le scintille estive con i tifosi.
La spina dorsale rossazzura passa a centrocampo da Mark Edusei, metronomo ghanese scelto da Baldini per la cabina di regia, e dai muscoli di capitan Baiocco e il dinamismo di Mariano Izco. In avanti le scelte sono obbligate: Spinesi fulcro dell’attacco etneo e Mascara e il nuovo arrivato Martinez a suo sostegno.
Si inizia col 4-2-3-1, presto abbandonato per il 4-3-3, quasi obbligati ad ereditare un tridente che mal si sposa con il credo tattico dell’allenatore, e soprattutto con le peculiarità di Spinesi, costretto ad allontanarsi parecchio dal suo habitat naturale, l’area di rigore, attendendo cross che quando arrivano, lo trovano sempre in difficoltà se c’è da guadagnare la posizione. Mancano i suoi goal, e mancheranno in futuro, come mancheranno anche quelli di Mascara, che accetta, malvolentieri, il ruolo di “terzino sinistro”, perdendo confidenza con i 4metri e più della porta avversaria.
Si subisce poco, ma si segna anche poco; così se con Marino ci si lamentava del troppo caldo, con Baldini ci si inizia a lamentare del troppo freddo, non prima però d’aver gioito di risultati importanti come il pareggio a Milano sponda rossonera, e le vittorie casalinghe con Livorno, Sampdoria, Udinese e soprattutto nel derby con il Palermo, il primo vinto in serie A.
A Gennaio inizia a non girare più, quel bel giocattolo da tutti ammirato scompare in un buio labirintico e non riesce più ad uscirne. Terlizzi perde il posto per discordanze con Baldini, Spinesi criticato per la sua scarsa vena realizzativa, Martinez che non sembra più quello di una volta, fiaccato dagli infortuni, come Morimoto. A crollare, psicologicamente è anche Polito, 5 reti dalla distanza, una dopo l’altra, Mutu, Giovinco e Budel in soli 90’, poi ancora, Pato per finire con Diamanti. E’ un periodo orribile, di gioco e di classifica, 5 punti nelle prime 9 giornate del ritorno, con la prima vittoria dopo 3 mesi d’astinenza, in casa col Cagliari.
Segnali di una squadra che si sta perdendo lungo il suo cammino, sta perdendo fiducia in se stessa, credibilità nei propri mezzi, requisiti fondamentali per chi ha come obiettivo la Salvezza. I sentori tastati in trasferta si riverberano presto anche in casa.
La sconfitta interna contro il Torino sancisce l’addio di Silvio Baldini. Squadra demotivata che non sa più come ritrovarsi. Il presidente Pulvirenti decide allora di affidare la panchina a qualcuno di forte carisma, qualcuno che possa ridare quella grinta alla squadra tipica delle formazioni che lottano con il coltello fra i denti, qualcuno che imponga la propria personalità. Arriva l’uomo ragno, colui che per anni gli attaccanti di tutto il mondo maledivano per la sua abilità fra i pali, Walter Zenga.
L’esordio è col 4-3-3, ma ben presto si passa ad un 4-1-4-1 che prevede un centrocampo più folto (“le partite si vincono in mezzo al campo” esordì Zenga alla sua prima uscita da allenatore etneo, ndr), dove inizia una veloce metamorfosi; da tre i centrocampisti diventano quattro: fuori Baiocco un mese e mezzo per responsabilizzarlo, fuori Edusei che rallenta troppo le operazioni del centrocampo di “stampo Zenga”; dentro Biagianti in copertura e Tedesco in cabina di regia, i suoi muscoli, la sua visuale tattica e il suo dinamismo fanno si che Walter gli affidi le chiavi del centrocampo catanese, dentro anche il dinamismo e l’agilità di Izco.
Ma la mossa chiave è l’avanzamento di Vargas sulla linea mediana, con l’ingresso in copertura di Rocco Sabato, grande trovata di Zenga, per sfruttare appieno l’esplosività e le incursioni del peruviano: ne viene fuori un modulo meno aperto ma più “muscoloso” e dinamico.
Lavora molto anche sul piano mentale Zenga, imprime personalità, grinta e carisma, caratteristiche che sembravano svanite nel nulla. In campo i risultati si vedono: la cerniera formata da Biagianti, Tedesco e Izco in mezzo fa da scudo alla difesa, le folate di Vargas sono alle volte devastanti e mettono al tappeto anche i migliori difensori. La voglia di lottare su ogni pallone, di non mollare fino alla fine e cercare la vittoria sembrano ormai marchi di fabbrica della squadra etnea.
Unico neo dell’intera stagione, quell’ “anemia” che sembra aver colpito l’attacco rossazzurro, sterile come non mai quest’anno. Spinesi si è fermato a quota sette reti, otto Martinez, quattro Mascara. Numeri bassi che hanno contribuito a rendere impervio il cammino verso la tanto desiderata salvezza.
Occorrerà modificare diverse cose, da un degno sostituto di Vargas, che lascia per palcoscenici più importanti, a qualche elemento che innalzi il valore dell’attacco etneo, ma si ripartirà con più convinzione, con Zenga in panca e con il solito instancabile sostegno del pubblico…..anche se adesso è prematuro parlarne: c’è da festeggiare per ora: CATANIA è in serie A, godiamocela. - articolo letto 1574 volte