Commento Tattico di Catania-Lazio: Due distrazioni, Una fatale
La prima cosa che Atzori dovrà fare , alla ripresa degli allenamenti, sarà quella di chiedere alla sua difesa se debba essere lui, dalla panchina, a chiamare “l'uomo solo” sul secondo palo, specie se l'uomo solo è l'attaccante di punta, non un difensore, un centrocampista o qualsivoglia scheggia impazzita che si fionda in area cercando, nel gioco dei blocchi, la fortuna d'uno stacco solitario.
Una gara perfetta, l'ennesima, dove la vittoria è sfuggita solo e soltanto per l'ennesima distrazione difensiva , sintomo d'un reparto individualmente valido ma che deve ancora trovare un capo, in campo, che ne guidi i movimenti, dandovi senso, coordinazione, sicurezza ed aderenza ai dettami del tecnico.
La seconda cosa da fare, sarà capire cos'abbiamo mangiato Mascara prima della partita. Il calatino è apparso svogliato, eppure gli stimoli certo non mancavano, impreciso, quasi avulso dal gioco che i suoi compagni pare abbiano finalmente metabolizzato ma che a lui ancora non va giù , e non si sa per quale ragione. Occorrerà spiegargli con maggiore chiarezza i suoi obblighi in campo, e le sue libertà. Fatto questo ritornerà il Mascara dei bei tempi, quello che lasciava parlare i goal e basta.
Adempiuto quest'obbligo resterà da valutare la situazione Delvecchio . Gennaro sa bene quanto è nelle sue possibilità e perciò comprende benissimo da solo, anche senza la sottolineatura del pubblico fischiante, di non essere nelle condizioni di poter garantire l'apporto che società e tecnico si aspettavano da lui, all'indomani della cessione dei due senatori del centrocampo. Non resta che scegliere, valutando appunto, se provare a recuperare il giocatore sul campo , anche a costo di sacrificare buona parte del gioco che inevitabilmente passa e dovrà passare dalle sue parti, oppure metterlo momentaneamente di canto per superiori ragioni di classica, che rendono necessari risultati immediati, optando perciò verso l'opzione Izco , perché l'unica opzione è questa. Non si parli di Pesce, né Ricchiuti né altri.
Smaltite le beghe potrà quindi andare da Martinez , stringergli la mano e confidare che riesca a garantirgli lo stesso standard visto contro la Lazio. Esce, non per scelta tattica ma perché affaticato , va chiarito. Non a caso quando fa quel che deve, quel che gli si chiede e sempre gli si è chiesto, la squadra gira, gioca e segna. Duetta bene con Delvecchio, che lo lancia spesso nello spazio, e fa quello che sarebbe, in condizioni normali, compito dell'ex doriano, ovvero portare palla dal centrocampo all'attacco, servendo poi gli attaccanti, così è, così fa, e dalle sue iniziative nascono le tre occasioni goal più limpide per gli etnei, una delle quali viene conclusa in rete da lui stesso. Sarà la volta buona?
Per il resto, togliendo i fischi ed i cori del pubblico, da campo solo soddisfazioni per il tecnico rossazzurro: la squadra, a centrocampo, inizia a comprendere i suoi dettami e trovare i tempi e le misure giuste per i tocchi di prima tanto chiesti dalla panchina. Manca ancora la brillantezza che solo il miglior Ledesma è in grado di conferire, lo si aspetta con trepidante attesa come il tassello chiave, in grado di garantire equilibrio all'intero costrutto di gioco, sia in fase offensiva che difensiva.
Ma già quanto fatto vedere al Massimino non può che lasciar ben sperare. La Lazio di Zarate e Foggia ha collezionato in tutto l'arco dei 90' solo due palle goal, tutte nel secondo tempo, tutt'e due nate da disattenzioni dei difensori etnei che hanno lasciato Cruz solo davanti ad Andujar, graziato una volta, incolpevolmente punito la seconda. Il 4-3-3 iniziale imbriglia il gioco della Lazio, in grado di rendersi fattivamente pericolosa solo con tiri dalla distanza, sull'altro fronte Martinez prima si confeziona il goal, poi manda Delvecchio in area, ma anziché tirare il centrocampista crossa male al centro, e l'azione sfuma, segue la pregevole girata di Morimoto ed il tiro di Mascara.
Nel secondo tempo azioni da goal ancora più palesi, per il Catania, oltre al palo di Martinez impossibile non ricordare la botta di Potenza, allontanata dalla porta solo grazie ad una deviazione fortunosa, il tap-in mancato di Morimoto, che si fa chiudere in scivolata, e la successiva conclusione svirgolata da posizione agevole. Quante? Tante, a significare che tanto s'è creato e che, a differenza delle passate uscite, si è riuscito a risolvere il problema “secondi tempo” , dove oltre ai goal, ed era sì problematico, venivano a mancare forza, gioco e motivazioni.
Bene, bravi, ma come bis gradiremmo qualcosa in più, perché non sono i “bravi, bene” a far classifica, ma i punti. La strada è quella giusta , bisogna avere o trovare la forza di percorrerla fino in fondo, anche se controcorrente. - articolo letto 1227 volte