Fabregas, Vidic, Corvino ed il "razzismo tecnico": l'Italia deve trovare la via d'uscita
Con il Barcellona ad un passo da Cesc Fabregas, smentite ufficiali di rito a parte, il mercato estivo 2010 già è pronto ad impazzare, a poco più di una settimana dalla chiusura di quello invernale: la riflessione nasce però non tanto sull'ennesimo grande acquisto (ed ultimo probabilmente, viste le elezioni) della gestione Laporta, bensì sulla storia personale del capitano dell'Arsenal. Catalano di Arenys de Mar (Costa Brava, non più di una cinquantina di km da Barcellona) e blaugrana nel sangue dall'infanzia, non ha mai giocato una partita al Camp Nou con la maglia della sua squadra del cuore: eppure Fabregas l'adolescenza l'ha passata proprio nella Cantera blaugrana, salvo poi andarsene nel 2003 e diventare un vero Gunner. Oggi torna al Barcellona, esattamente come Gerard Pique, ed i Culè pagheranno caro (in euro) l'errore di essersi lasciati sfuggire quello che era già la stella della Nazionale spagnola under 17: in un mondo parallelo sognato da Michel Platini, il Barça avrebbe affiancato già da anni Cesc a Xavi ed Iniesta e l'Arsenal sarebbe rimasto con un palmo di naso. Il Presidente della Uefa infatti ha più volte sottolineato il suo essere totalmente contrario ai trasferimenti all'estero di calciatori con meno di 18 anni, tanto più se avvengono con esborso economico (il così detto "indennizzo di formazione) relativo per chi li acquista: eppure il Tas di Losanna, massimo tribunale in merito di giurisprudenza sportiva, ha dimostrato con il caso Kakuta di avere una posizione radicalmente opposta. E' importante considerare, a mio parere, il quadro a 360°, senza individuare buoni e cattivi alla rinfusa, i predoni dei vivai mondiali ed i poveri saccheggiati: se Chelsea e Lens, dopo le prime scaramucce pesanti, sono arrivate ad un accordo di convenienza reciproca per evitare ulteriori strascichi, questo dimostra come la visione "all'Italiana" del mercato sia obsoleta. "All'italiana" perchè ricordo il clamore di qualche mese fa per il trasferimento del giovane Camilleri dalla Reggina al Chelsea (con il ragazzo poi tornato in amaranto), o lo sbigottimento generale nel sapere come talenti di casa nostra possono affermarsi lontano dalla Serie A: con due nomi su tutti, Giuseppe Rossi e Federico Macheda, ma senza dimenticarne tanti altri (da Borini al poi tornato Soriano passando per Petrucci). Il calcio mondiale va verso la globalizzazione e l'unico passaporto per il calcio che conta dev'essere quello tecnico, anche perchè, per l'identità patriotica, c'è la Nazionale: il modo in cui l'UE prima, Fifa e Uefa poi, si stanno muovendo per "tutelare" i vivai con le quote di giocatori nati nel club o comunque nella stessa Nazione, rischia creare boomerang pericolosi sotto diversi aspetti. Il basket, in particolare italiano, ma in generale europeo, insegna: italiani da serie dilettantistiche messi sotto contratto giusto per riempire la quota richiesta, richieste faraoniche di ingaggio da parte di giocatori di lignaggio mediocre ma con passaporto tricolore, invenzioni di avi e matrimoni di comodo per i giocatori per strappare qualche euro in più da mettersi in tasca. L'assurda normativa sugli ingaggi di giocatori extracomunitari ha già tracciato una solco importante in questa direzione: a causa di questa sorta di "razzismo" nei confronti di chi ha più talento ma semplicemente viene da una Nazione extra-UE, Pantaleo Corvino (e dunque la Serie A in generale) ha dovuto rinunciare a giocatori importanti come Nemanja Vidic, da anni ormai uno dei migliori difensori di questo gioco con la maglia del Manchester United. Ferguson però era arrivato dopo, ma ha potuto ringraziare la volontà del'Italia di tarpare le ali alla lungimiranza (che fa rima con competenza) dei direttori sportivi "made in Italy": meglio puntare su giocatori mediocri spacciati per giovani a 28 anni, pagati nel mercato interno il triplo di quanto un progetto di fuoriclasse potrebbe costare nell'Est Europa, in Sud America o in Africa. Creare un settore giovanile internazionale è di certo un'impresa ardua, ma che alla lunga paga dividendi: il Manchester City degli sceicchi ad esempio ha sì una disponibilità economica maggiore per la prima squadra, ma da qualche mese ha capito che uno scouting internazionale di primo livello (unito a quello locale, da cui i Citizen hanno storicamente tirato fuori buoni frutti) è ciò che può far cambiare marcia. L'ultimo esempio si chiama Boyata, belga fatto esordire da Roberto Mancini da poche settimane e per cui il tecnico jesino sembra aver preso una vera sbandata: il prossimo potrebbe chiamarsi Marco Ezio Fossati, playmaker ex Milan che l'Inter rischia di perdere a fine stagione proprio in direzione City e proprio su consiglio del Mancio, uno degli allenatori più abili del Mondo nella gestione dei giovani, come dimostrato la scorsa stagione con Balotelli e Santon. I tentativi di creare dei vivai internazionali stanno attecchendo anche in casa nostra: l'Inter con Piero Ausilio, il Milan con Mauro Pederzoli, la Fiorentina con il solito Pantaleo Corvino stanno destinando fondi importanti al rafforzamento di Allievi e Primavera. I vari Khrin, Babacar, Merkel, Stevanovic insomma potrebbero dare presto delle soddisfazioni, specie in ottica 2012, quando il fair play finanziario potrebbe definitivamente bloccare le spese pazze di Florentino Perez e compagnia. - articolo letto 1131 volte