BUENOS AIRES – Ci sono istantanee del tempo che non hanno bisogno di grosse descrizioni per essere tali, per immergersi nel notiziario Mondiale. Esistono e non ci sono spiegazioni, brillano di una luce particolare che affascina e avvolge in quello spazio infinitesimale dominato da pochi eletti. L’istantanea del 25 novembre che, da ieri, sarà quel giorno. Il giorno in cui tutti ci ricorderemo dove eravamo e cosa stavamo facendo mentre Diego Maradona imboccava l’Autostrada de Sole. Eh, non è quella che porta a Napoli ma dal comprimario, lì dove il verbo è pronto a farsi carne.
Ma Dio è morto e non ci sono altre terminologie per descrivere il silenzio catartico che avvolge poli distanti come Napoli e Buenos Aires, non ci sono parole e paroloni per poter decantare le gesta del Re Mida, della rivoluzione degli emarginati, dell’oltre, della perfezione dell’imperfezione. Maradona ha rappresentato la vita bruciando la candela da entrambe le parti, la frenetica esistenza vissuta sulla pelle e non per sentito dire. Maradona il Dio pagano eternamente sospeso tra fango e stelle, dalle luci accecanti del suo stadio all’oscurità di ogni singola situazione che l’ha portato oltre la soglia di sopravvivenza. La spia accesa infinite volte e spenta con un gesto senza pari, come una serpentina, come un gol da centrocampo senza nemmeno voltarsi. Non ne aveva bisogno
Come quei 240 secondi di Life is Life, il ritratto della felicità applicata al gioco più bello del mondo. Maradona ha diviso e unito, Maradona ha rappresentato il riscatto, la possibilità di essere qualcuno nonostante il destino ti porti a nascere in un posto quasi favolistico e lugubre. Quel posto visto con gli occhi di un ragazzino che palleggia nella polvere, immerso in un’altra dimensione sognando lidi avveniristici. “Tengo dos sueños: jugar una copa del mundo y ganarla”, un pomeriggio messicano di 34 anni fa gli ha restituito tutto elevandolo sopra chiunque. Solo il cielo divideva Maradona da se stesso.
Dio è morto e solo adesso stiamo cominciano a comprendere la portata di un uomo che si è sempre mostrato, che non si è mai nascosto, che ha combattuto contro se stesso e contro le notti brave. Contro la droga, l’alcool, le cadute e le risalite come se tutto fosse dominato da montagne russe dagli accesi colori azzurri. Maradona è stato protagonista della sua commedia triste e malinconica, dalla polvere al tutto mescolato con il niente. Resta il silenzio di un vecchio fotogramma, restano gli occhi di quel bambino che continua a palleggiare nelle polvere. Resta quella promessa futuristica: “Tengo dos sueños: jugar una copa del mundo y ganarla”.
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