Paolo Maldini non immagina, per sé , un ruolo che intacchi le professionalità esperte e consolidate che da anni e anni reggono il Milan, come recita l’organigramma: Adriano Galliani, Paolo Berlusconi, Ariedo Braida in Società dal 1986, Umberto Gandini dal 1993, Laura Masi e Mauro Tavola dal 1994, Vittorio Mentana dal 1996. Anni come montagne, che nessuno, tantomeno Paolo, intende spostare. C’è però un ruolo che nel Milan può essere interpretato come un incarico ad personam. Prima di diventare allenatore, cosa che a Paolo non capiterà mai (“Ho visto quello che ha passato mio padre, non farò mai l’allenatore”), lo stesso Leonardo ha occupato un ruolo di assistente di Adriano Galliani nel rapporto con la Prima squadra che non è mai stato assorbito dal citato organigramma ma che, ad oggi, sembra attagliarsi al carisma che Maldini esercita sull’attuale spogliatoio rossonero e all’utilità che potrebbe rivestire per il Club.
Vero che Adriano Galliani, numero uno per sapersi occupare in prima persona al Milan di bilancio, mercato, comunicazione, spogliatoio, commerciale, senza la strettissima necessità di numerose figure accessorie, può assolvere ogni tipo di funzione. Anche grazie alla totale sintonia e al dialogo quotidiano esistenti con Massimiliano Allegri. Ma Paolo Maldini potrebbe rafforzare le strutture, secondo un concetto caro allo stesso amministratore delegato del Milan. Questo potrà accadere parlandosi direttamente e stabilendo un feeling di lavoro e fiducia che possa superare qualche episodio ormai passato e che possa affrontare in un ipotetico futuro il peso e le pressioni della quotidianità. Le interviste possono lanciare segnali utili, ma, da sole, non bastano ad porre basi consistenti per una proficua collaborazione.
Oggi come oggi la Juventus è una realtà fresca ed emergente. Destinata a lottare per questo Scudetto fino alla fine, e magari anche a vincerlo. Ma non appare avviata ad aprire un ciclo. E’ l’assenza delle Coppe dal suo cammino a fare, in questo momento, la differenza. Basti pensare a quello che è accaduto prima di Juventus-Milan. Nell’unica settimana, fino ad ora, in cui la formazione bianconera è stata chiamata a giocare tre partite (Siena, Bologna e Catania), ne ha vinta solo una. Nella settimana pre-Milan, invece, senza impegni di Coppa che invece i rossoneri hanno avuto, Antonio Conte ha avuto il tempo e le risorse per preparare alla grande la partita. Lo ha fatto molto bene e si è visto. Vigilia ideale quella della Juventus, zero infortuni e zero distrazioni. Tutte le risorse disponibili perfettamente tirate a lucido e ottimamente in condizione. Quest’anno è così. E il prossimo? Si parla molto di confronto con la Juventus 1994-95 di Marcello Lippi. Ma quella era una squadra di campioni e qualche fuoriclasse, quella di oggi è una Juventus di ottimi giocatori e qualche campione. Non a caso quella aprì un ciclo…Quella di oggi può ripercorrere le orme del Milan di Alberto Zaccheroni che, grazie proprio all’assenza dalle Coppe, vinse sì lo Scudetto 1998-1999 con la forza e l’energia dei Sala, degli Helveg e dei Guly, un pò come capita oggi con i Lichtsteiner, i Pepe e i Vidal, ma dall’anno successivo, nonostante l’arrivo di big come Serginho, Shevchenko e Gattuso, iniziò a fare fatica e non collocò nessun trofeo in bacheca al fianco di quello Scudetto del 1999.
Le settimane libere dalle Coppe significano meno usura, meno infortuni, e tutto ciò peserà soprattutto sugli ultimi mesi della stagione. Negli ultimi anni, eccezion fatta per l’Inter 2009-2010 che comunque un tributo lo pagò facendosi superare dalla Roma, è stata l’eliminazione a Marzo dalle Coppe a fare la differenza per la conquista del Titolo italiano da parte delle squadre poi effettivamente vincitrici. La Juventus e gli juventini fanno non bene ma benissimo a godersi l’attimo. Ne hanno tutte le ragioni. Ma nel calcio gli ottimi momenti vanno e vengono e durano molto meno dei cicli. Quelli importanti, quelli veri. Che l’unico fuoriclasse attualmente in forza alla Juventus, lo Stadio, potrebbe anche non garantire.
Da quando la stagione ufficiale è iniziata l’Inter ha perso cinque partite, non c’è una sola competizione in cui sia imbattuta (oltre ad aver perso contro Palermo, Novara e Napoli, ha già collezionato una sconfitta in Supercoppa e una in Champions League) e non è palesemente riuscita a sostituire Eto’o. Ma il suo salvavita mediatico è stato l’arbitraggio di Rocchi. Reggere la parte della derubata è stato, per l’Inter, il salvacondotto per due settimane di sosta idilliache. Critiche? Zero. Passerelle? Tante. Il presidente Moratti che pronostica un grande futuro per la sua squadra dopo la grande statistica sui trofei conquistati dalle squadre europee dal 2007 in poi (Perché dal 2007? Perché non prima? Senza il 2006, ci sarebbero stati il 2007, il 2008, il 2009 e il 2010?), Ranieri che viene accolto trionfante nel tempio della comunicazione milanese, Maicon che promette amore e fedeltà. Un idillio senza sosta e senza fine che, solitamente, viene riservato alle squadre che capeggiano il Campionato. Pazzini, l’unico effettivo uomo-gol della squadra, si è infortunato, Sneijder non è ancora in gruppo. Ma l’idillio non si spezza, l’emergenza infortuni ce l’ha solo il Milan cacciato nell’angolo dall’interpretazione data alle parole di Ibra dalla Svezia e da un episodio relativo ad Antonio Cassano in Nazionale. In questo periodo di sosta, l’Inter ha goduto di un profilo più alto non solo rispetto, evidentemente, al Milan, ma anche rispetto a Juventus e Napoli. E’ un grande Club e ci sta, ma basta con questa storiella del complotto mediatico contro l’Inter, questa sosta l’ha sgonfiata una volta per tutte.
[Mauro Suma – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]
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