Quella volta andò così: Atalanta – Cagliari 3-3, ai tempi in cui la pareggite non faceva poi così male…

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Siamo nel 2006/07, primo campionato post-calciopoli. Una sorta di anno zero del calcio italiano, o almeno questo è quello che si avverte, il messaggio che si vuole passi. L’estate è stata ricca di suspense e colpi di scena. Ai nastri di partenza tante le squadre penalizzate (Milan, Fiorentina, Lazio, Reggina) e una novità assoluta: per la prima volta nella storia la Juventus non prenderà parte alla Serie A. Troppo coinvolta negli scandali la dirigenza bianconera perché si potesse evitare la retrocessione d’ufficio. Alcuni dei suoi gioielli, Vieira e Ibrahimovic, rifiutano il declassamento e vengono ceduti all’Inter. D’ora in poi, e lo sarà per un lustro, squadra regina assoluta e incontrastata del calcio italiano.

Il Cagliari, uscito totalmente pulito dalle inchieste giudiziarie, inizia la nuova stagione con un rinnovato entusiasmo dopo la sofferta salvezza ottenuta qualche mese prima. Cellino si è assicurato uno dei migliori giovani allenatori sulla piazza, Marco Giampaolo, reduce da un’ottima stagione ad Ascoli dove ha ottenuto una brillante salvezza, lasciando intravedere, suo grande marchio di fabbrica, un gioco corale e un’attenzione meticolosa nella preparazione tattica degli incontri. Qualcosa di cui in Sardegna si sente la mancanza. L’impressione è che la società voglia provare a impostare un programma pluriennale con il tecnico di Bellinzona. Una crescita graduale che possa portare il Cagliari a diventare con il tempo una protagonista del campionato. Per farlo il Presidente rossoblù, coadiuvato da Oreste Cinquini (a lungo corteggiato prima dell’estate, salvo poi essere scaricato pochi mesi dopo la fine del mercato) opera una mini rivoluzione: tra i “big” lasciano l’Isola Bega, Abeijon e Cossu, mentre i rinforzi sono un mix di gioventù ed esperienza: Bianco, Semedo, Del Grosso, Biondini, D’Agostino, Penalba, Pepe. Una rivoluzione che però non viene totalmente incontro alle esigenze tattiche di Giampaolo, fedele adepto del 4-4-2 e quindi di un gioco improntato prettamente sulle fasce. Il nuovo tecnico si ritrova in rosa ancora il tridente Suazo-Esposito-Langella, indubbiamente caro al tifo rossoblù, ma decisamente – nelle prestazioni dei due interpreti campani – in fase calante. La conferma dell’honduregno, invece, è considerata da tutti gli esperti la migliore mossa di mercato. L’inizio della stagione è però poco incoraggiante, con due sconfitte nei primi due incontri contro la neopromossa Catania e contro la bestia nera Reggina. Ma con il passare delle giornate Giampaolo plasma sempre meglio la propria squadra che inizia a registrare i movimenti richiesti dal tecnico. E arrivano cinque pareggi consecutivi, due dei quali ottenuti contro Inter e Lazio, non certo le ultime della classe.

Si arriva quindi il 25 ottobre a giocare il secondo turno infrasettimanale contro l’Atalanta di Colantuono, assoluta rivelazione della prima parte della stagione. Gli orobici infatti dopo sette giornate si ritrovano al quarto posto con 12 punti, frutto di 3 vittorie e 3 pareggi. Nelle ultime due giornate hanno espugnato Palermo e piegato in rimonta la Sampdoria, entrambe le volte con il risultato di 3-2. Due partite durante le quali Cristiano Doni ha messo in chiaro che i tre anni trascorsi lontano da casa sono stati solo una sfortunata parentesi nella sua carriera. A Bergamo si sogna di festeggiare il centenario con il raggiungimento di un posto in Europa. Sul cammino del Cagliari, quindi, non certo l’avversario più semplice per provare a timbrare il primo successo stagionale. Suazo non ha più la libertà dell’anno precedente e del resto l’impianto tattico non prevede più che ogni soluzione offensiva abbia l’honduregno come terminale. Esposito, sempre più orfano delle illuminazioni di Zola, sembra aver totalmente smarrito le capacità di fare gol: ancora all’asciutto in stagione. Ci pensa la febbre, invece, a sgravare Giampaolo dell’obbligo di schierare Langella. Al suo posto Antonino D’Agostino, un ex atalantino, che si è ben distinto nelle precedenti uscite. Da registrare le assenze di Conti, Ferri e Del Grosso, sostituiti rispettivamente da Budel, Pisano e Agostini. Ad animare il prepartita niente meno che Nelson Abeijon, che fino alla fine del mese di agosto ha atteso una chiamata da Cellino: “Il presidente sa quante volte l’ho tormentato al telefono. Duecento? Forse di più. L’ho tirata sino al 29 agosto”, ma che alla fine ha deciso di accettare l’offerta di Ruggeri: “Poi, quando mi sono reso conto che non ce n’era proprio, ho detto sì all’Atalanta”. L’Ammiraglio non ha ancora esordito con la nuova maglia e il destino sembra essere stato particolarmente beffardo, dal momento che, ristabilitosi fisicamente, tutto lascia intendere che Colantuono voglia lanciarlo nella mischia proprio contro il suo Cagliari. Il guerriero però, nella fresca serata bergamasca, resterà seduto in panchina per tutti i novanta minuti, spettatore di una match tutt’altro che noioso.

Pronti via e dopo quattro minuti è un altro ex rossoblù a mettersi in luce: su punizione calciata da Bernardini Simone Loria ricorda a tutti quanto possa essere pericoloso in fase offensiva e con un imperioso stacco di testa batte Chimenti. Ma passano solo due minuti e, con un gol fotocopia, Paolo Bianco ristabilisce la parità. Come se niente fosse successo, dunque. L’Atalanta gioca spavalda ma un po’ distratta, mentre il Cagliari si contraddistingue per il solito ordine tattico e per la buona circolazione di palla. Doni al 7’ fallisce da pochi passi il nuovo vantaggio sparando alla stelle, Ventola sfiora la traversa approfittando di un infortunio occorso a capitan Lopez (poi sostituito dal connazionale Bizera) mentre a non sbagliare al 30’ è D’Agostino quando, dopo un ottimo scambio tra Esposito e Pisano sulla destra, in tuffo di testa finalizza il cross del terzino di Selargius trafiggendo un Calderoni preso in controtempo. Il piccolo trequartista rossoblù non esulta per rispetto verso i suoi ex compagni e tifosi, ma dentro di sè esplode di gioia per aver saputo consumare la vendetta personale nei confronti di Colantuono, che l’anno precedente l’aveva addirittura messo fuori rosa. L’Atalanta è alle corde e incapace di reagire nei successivi quindici minuti. Il Cagliari ha saputo avere la pazienza di colpire nel momento giusto ed è stato premiato. E la ripresa è in apertura ancora tutta di marca rossoblù. Si sveglia Suazo e inizia a seminare terrore tra le maglie di una disattenta e scoperta retroguardia nerazzurra, ma è ancora D’Agostino a rendersi decisivo all’8’ quando, dopo un’ubriacante serpentina costringe Talamonti al fallo da rigore. Dal dischetto Suazo manda palla da una parte e portiere dall’altra. Il Cagliari è avanti 3-1, la prima vittoria sembra ormai essere in cassaforte e anzi si pregusta già l’opportunità di arrotondare ulteriormente il risultato, sfruttando la velocità dei propri attaccanti. Ma qui si inceppa qualcosa e l’undici rossoblù, complice anche la sfortuna ma ancor di più la paura e la non abitudine al vincere, si vede rimontare nel giro di 16 minuti. Al 13’ Bombardini – commettendo fallo su Esposito – colpisce di testa dando al pallone una velenosa traiettoria a palombella che si stampa sulla traversa appena prima che l’accorrente Ventola possa ribadire in rete, ancora di testa, per il 2-3 della speranza. Colantuono capisce che il Cagliari potrebbe non reggere psicologicamente la pressione e decide di cambiare gli esterni d’attacco: dentro Ferreira Pinto e Bombardini, fuori Tissone e Defendi. E al 24’, come se tutti lo aspettino e niente possa evitarlo, arriva il pareggio: Bernardini mette dentro un corner, la difesa rossoblù è piazzata malissimo e Cristiano Doni, indisturbato, può prendere la mira e gonfiare la rete rossoblù con il quinto colpo di testa vincente della partita. Teoricamente entrambre le squadre avrebbero ancora tempo per provare a portare a casa l’intera posta, ma sostanzialmente le ostilità finiscono qua. Il Cagliari, spaesato e intimorito, non riesce più ad affacciarsi pericolosamente dalle parti di Calderoni, ma l’Atalanta non è da meno, e paga forse lo sforzo profuso per recuperare il doppio vantaggio.

Finisce così, con un pirotecnico 3-3, che lascia l’amaro in bocca soprattutto in casa Cagliari. Ma l’ambiente rossoblù non è per niente insoddisfatto e Giampaolo continua a godere di tanta fiducia. Certo mancano i tre punti, ma è altrettanto vero che l’impressione principale è che, finalmente, si possa provare a fare risultato ovunque e contro chiunque e soprattutto esprimendo un calcio piacevole. E tutto questo a Cagliari non si vede da tanti anni. Il tecnico promette che la vittoria è ormai matura, lo dimostra proprio la prestazione di Bergamo e infatti già la domenica successiva arrivano i primi tre punti contro la Sampdoria. Il periodo positivo del Cagliari durerà ancora 4 turni (vittoria anche sul Palermo), per un totale di 11 risultati positivi consecutivi cui solo l’Empoli riuscirà a porre fine e durante il quale, complessivamente, i rossoblù si dimostrano come una bella realtà del campionato, nonostante l’acuta pareggite di cui la squadra è affetta. Una patologia che comunque non dà enormi fastidi. La panchina di Giampaolo, però, salta inopinatamente il 17 dicembre dopo la sconfitta di Udine alla 16° giornata. Cellino esterna tutta la propria tristezza per una decisione che i più non capiscono, a maggior ragione se si cercano di interpretarne le motivazioni: “È una decisione che sono stato costretto a prendere. La squadra aveva dato segnali di sofferenza. È una decisione più politica che tecnica, la considero una mia sconfitta personale e la soffro in maniera pesante”. Al suo posto Colomba, che dura però appena 9 giornate. Tanto il tempo concesso al tecnico grossetano prima che il Presidenti ritorni sui suoi passi. Ci sarà infatti, a gran richiesta, un Giampaolo bis (“Cellino era disperato”, dirà), che condurrà la squadra alla salvezza, seppur striminzita e raggiunta solo alla penultima giornata. A quel punto, infatti, qualcosa si era ormai rotto (i pareggi si tramutarono per lo più in sconfitte) e quel Cagliari che nei primi mesi stava imparando a concepire una nuova filosofia calcistica e che forse avrebbe potuto avere un futuro ricco di soddisfazioni non tornerà più.

TABELLINO (7° giornata, stagione 2006/07)

ATALANTA-CAGLIARI: 3-3

ATALANTA: Calderoni, Adriano, Talamonti, Loria, Bellini, Ferreira Pinto (20′ st Defendi), Migliaccio, Bernardini (34′ st Donati) ,Bombardini (17′ st Tissone), Doni, Ventola. A disposizione: 18 Ivan, 16 Rivalta, 23 Abejion, 9 Zampagna. Allenatore: Colantuono.

CAGLIARI: Chimenti, Pisano, Lopez (23′ pt Bizera), Blanco, Agostini, Biondini, Budel, Colucci, Esposito (17′ st Capone), Suazo, D’Agostino (36′ st conticchio). A disposizione: 26 Fortin, 32 Penalba, 15 Semedo, 18 Pepe. Allenatore: Giampaolo.

Arbitro: Stefanini di Prato.

Reti: 3′ Loria, al 5′ Bianco, al 30′ p.t. D’Agostino; 8′ Suazo su rigore, al 13′ Ventola, al 23′ s.t. Doni.

Note: ammoniti: Budel e Talamonti, Doni, Bernardini.

[Matteo Sechi – Fonte: www.tuttocagliari.net]