La Roma, dopo il 4-1 dell’andata subito dal Barcellona, vola in semifinale con una clamorosa e bellissima rimonta
ROMA – Potrebbe essere riassunto tutto in un fermo immagine, un fotogramma in grado di unire ed emozionare. Potrebbe essere riassunto tutto nelle lacrime di un bambino in tribuna, stanco e felice di aver assistito alla storia, di essere stato partecipe di un qualcosa che può essere paragonato al passaggio di una stella nel cielo. Alle 22.22 del 10 aprile 2018 quella luce accecante è passata sull’Olimpico, squarciando il muro del suono quando la sfera ha gonfiato la rete per la terza volta, quella più importante, quella che ha mandato in paradiso la città eterna e non solo.
Tra cinquant’anni, indipendentemente da come andrà a finire quest’avventura, tutti i romanisti e non si ricorderanno il luogo in cui si trovavano e cosa stavano facendo in quel piccolo ma infinito lasso di tempo. In quell’apertura durata anni ma razionalmente viva per pochi secondi, come quel vento e quel silenzio strano prima dell’urlo, gigantesco. Gigantesco come la Roma, titanica e per nulla intimorita da un Barcellona sceso in campo come uno schiavo nell’arena, rassegnato nonostante il vantaggio enorme. La Lupa ha prima rosicchiato, poi azzannato e infine divorato la preda, senza lasciare spazio a repliche, senza che nessuna sbavatura potesse rovinare una serata che a quelle latitudini si sogna da più di trent’anni. “Questa notte è ancora nostra” si canta negli angoli di Roma, anche in quelli dove luce e urla fanno fatica ad arrivare.
Perché una cosa cosi merita di essere vissuta fino alle prime luci distaccandosi per una volta dalla realtà, dai problemi e tutto ciò che mina la felicità perché non c’è cosa più bella di quel fotogramma a fine partita. Perché nelle lacrime di quel bambino c’è tutto e forse di più: ci sono gli abbracci sconosciuti, le mani in testa, gli sguardi increduli, ci sono il giallo ed il rosso che splendono nella notte capitolina. Perché in fondo siamo tutti dei bambini folli per questo gioco proprio a causa di queste notti magiche in cui la realtà supera la più fantasiosa delle ipotesi, in cui Davide abbatte Golia con tre colpi micidiali, in cui qualcuno riesce ancora ad emozionarsi lasciando indietro le sterili polemiche di chi parla con lo specchio.
“Sono solo 22 scemi che corrono dietro a un pallone?” Può darsi ma in quelle lacrime di gioia c’è la risposta, che alla fine questo non può essere solo un gioco, ma qualcosa che va oltre l’emozione più forte, il grido più forte del buio della notte. Perché? Perché ieri sera ognuno di noi ha sognato di essere, per almeno un secondo, un tifoso della Roma. E forse lo siamo anche stati perché il calcio è un arcobaleno di un colore unico, qualcosa di illogico e meraviglioso che emoziona. Come nessun’altra cosa.