Roma: i top e flop del 2013

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logo-romaAgrodolce. Non c’è termine più azzeccato per descrivere il 2013 della Roma. Un anno spaccato a metà: i primi 6 mesi orribili iniziati con il crack di Napoli, proseguiti con l’esonero di Zeman e terminati amaramente col 26 maggio e le contestazioni di giugno; gli ultimi 6 da leccarsi i baffi dopo la rivoluzione di mercato, l’arrivo di Garcia e la striscia da record di 10 vittorie consecutive dall’inizio di una stagione che proprio con l’inizio del 2014 vivrà il suo apice (5 gennaio a Torino con la Juve). Chi l’avrebbe mai detto? Solo una persona ha mantenuto intatto il sapore intenso in questo piatto agrodolce sia nella prima parte che nella seconda. Volete sapere chi è?

TOP

1° Francesco Totti: “Chi fa la storia, non ha tempo per scriverla”, diceva von Metternich uno che nella vita aveva affiancato Napoleone e Alessandro I di Russia. E’ giusto quindi che a descrivere le gesta di uno che ha fatto e continua a fare, imperterrito anche a 37 anni, la storia del calcio dobbiamo essere noi comuni mortali. Il capitano è riuscito nell’impresa di portare la corona durante i mesi del declino, e alzare lo scettro in quelli della Restaurazione. Il migliore insomma è stato sempre lui tant’è che il ricordo più bello della scorsa stagione porta proprio il suo marchio di fabbrica (gol alla Juve nell’1-0 dell’Olimpico). Dopo le lacrime del 26 maggio, Francesco si è rimesso sotto affidandosi a Garcia e iniziando il nuovo corso ancora da protagonista. Dodici assist, tre gol e una marea di lavoro sporco. Poi lo spavento per un infortunio che l’ha portato ai box per 2 mesi, ma uno come lui poteva mollare l’anno così? No, e infatti ha messo il marchio DOC anche nell’ultima vittoria col Catania. Immortale.

2° Rudi Garcia: Non ha solo il merito di “aver rimesso la chiesa al centro del villaggio”. Rudi ha portato la Roma a un livello più alto, al di sopra della guerra da Guelfi e Ghibellini che si respira in città ormai da svariati anni. Oggi, infatti, sia vicino che lontano da Trigoria non c’è una persona che possa parlare male del tecnico francese. Eppure il suo arrivo a luglio aveva fatto discutere. Il passato in una provincia come Lille, il Porompompero suonato con la chitarra in diretta tv e quel cognome dall’accento misterioso. Nessuno, tranne Sabatini, dava una lira a Garcia (o Garcià). La prima uscita nella tiepida estate di Riscone di Brunico poi non l’aveva aiutato: “Chi contesta è laziale”. Apriti cielo. In realtà proprio da quella difesa a oltranza al gruppo è nata la Roma di oggi. Una squadra con le palle, compatta, cinica e con un potenziale tecnico forse unico in Italia. Garcia l’ha plasmata, gli ha dato un identità, l’ha resa grande, l’ha pulita dalle scorie dei suoi predecessori riabilitando giocatori sull’orlo di una crisi di nervi e stimolando giovani e vecchi. Per diventare grandissima manca ancora qualcosa. C’è tempo.

3° Walter Sabatini: A Cesare quel che è di Cesare e a Walter ciò che è di Walter. Dopo due anni disastrosi (anche nello scorso gennaio si poteva fare qualcosa in più di Torosidis) il ds spesso criticato per il suo passato laziale ha potuto finalmente lavorare solo con la sua testa e non ha sbagliato una mossa. La scelta di Garcia ha aperto solo le danze a un mercato passato dalla musica New Age da Radical Chic a un Rock ben più convincente. Via i pesi morti (Piris, Tachtisidis, Goicoechea, Osvaldo e Stekelenburg) Sabatini ha capitalizzato al massimo le cessioni (dolorose) di Lamela e Marquinhos coprendo il buco in bilancio e portando nella capitale De Sanctis, Benatia, Strootman, Gervinho, Ljajic e Maicon. Insomma i protagonisti di questo inizio stagione da sogno. Progetto giovani fallito quindi? Non proprio visto che in panchina scalpitano Jedvaj e Romagnoli e che a giugno è in dirittura d’arrivo l’affare Iturbe. Ora però non ceda alle lusinghe interiste.

4° Lamela e Marquinhos: Se è il presente è magnifico lo si deve anche a loro. Nel caos generale dei primi 6 mesi di questo 2013 infatti sono brillate nel buio le stelle di questi due giovani sudamericani. Il primo con 6 gol da gennaio a maggio ha attirato l’interesse delle big d’Europa e ha portato nelle casse della Roma ben 35 milioni. Il secondo è stato forse il giovane più sorprendente dell’anno in Italia. Arrivato in punta di piedi dal Brasile tra lo scetticismo generale si è guadagnato un posto da titolare nella sgangherata difesa zemaniana per poi confermarsi con Andreazzoli. Apparecchio ai denti e fisico da mingherlino si è eretto a gigante tanto da far girare lo sguardo a Barcellona, Psg e United. L’hanno scampata i francesi e per la Roma sono arrivati 30 milioni puliti puliti e una plusvalenza di più 25.

5° Mehdi Benatia: Da un difensore all’altro. É costato la metà di quanto è stato venduto Marquinhos, ha qualche anno in più ma finora nessuno in Europa ha avuto il suo rendimento. Stiamo parlando del marocchino più amato della capitale, di Benatia. Il difensore ex-Udinese oltre a essere uno dei goleador della squadra con 4 reti è l’emblema di una difesa d’acciaio (7 gol subiti in 17 partite), ma è soprattutto il simbolo di una rinascita caratteriale che parte da De Sanctis, passa per Maicon e finisce in Strootman. Sguardo da duro e fisico da colosso ha incenerito qualsiasi attaccante da Rossi a Higuain passando per Balotelli e Klose. E se Meggiorini non lo avesse spinto contro il Torino oggi la sua media sarebbe perfetta. Perfetta l’intesa con Castan e De Rossi, altri due che si stanno prendendo una rivincita dietro l’altro. Li aspettiamo nella top 5 del 2014 tra un anno.

FLOP

1° Franco Baldini: Andato via lui la Roma ha ricominciato a volare. Un caso? No. Il Baldini rivisto in Italia in questi 2 anni è la fotocopia sbiadita di quello vincente che affiancava Capello e portava campioni. Tanto che più di un maligno ha cominciato a pensare che senza Don Fabio il dirigente toscano è poca roba. Era stata sua l’idea di portare Luis Enrique e sempre sua quella di investire su Zeman. Due cause perse, la seconda abbandonata addirittura a stagione in corso. Nei primi 6 mesi del 2013, infatti, Baldini ha mollato la presa limitandosi a qualche comparsata in tv per dar sfoggio del suo dizionario e di un dolce Stil Novo ormai in disuso. A metà giugno il divorzio era inevitabile e Franco se ne è tornato nella ormai sua Londra. Anche lì per ora i risultati non gli danno ragione e il pupillo Villas Boas ha già fatto le valigie. Un merito? Ha portato nelle casse giallorosse i 35 milioni per Lamela.

2° Aurelio Andreazzoli: Voleva entrare nella storia, c’è riuscito. E’ stato lui a sedere sulla panchina della Roma in una delle giornate più amare dal 1927 ad oggi. Ma sia chiaro non è solo un risultato a condannarlo. Era talmente tanta la sua voglia di far vedere quanto era bravo che ha voltato lo sguardo al bene collettivo: Destro in campo da infortunato (sappiamo cosa è successo dopo), Osvaldo in panchina per capricci personali così come Pjanic e Florenzi. Qualche giorno prima se l’era presa con i giornalisti che cercavano di chiedere all’ex collaboratore di Spalletti il perché dei tonfi con Pescara, Palermo e Chievo. Block notes alla mano e occhialini sul naso neanche fosse un esattore Equitalia, tirava fuori i conticini personali per farsi dire bravo mentre la barca affondava. La lite con Osvaldo a fine stagione poi è roba da asilo. Tornato nei ranghi, non ha la stoffa.

3° Pablo Daniel Osvaldo: Lui la stoffa ce l’avrebbe, ma gli mancano ago e filo. Dopo Cassano, l’italo-argentino è stato forse il più grande rimpianto degli ultimi 20 anni e di lui alla fine si è parlato più per polemiche, risse e insulti telematici che per i tanti gol messi a segno. L’anno orribile di Osvaldo è iniziato esattamente 365 giorni fa quando rinunciò alla tournèe americana per passare un antipasto di luna di miele con Jimena Baron ignorando al tempo stesso gli ordini del club e la richiesta delle ex-mogli di passare più tempo con i figli. Da quel momento è stata una discesa senza fondo per lui e la Roma. Quattro gol in 21 partite non potevano salvarlo dall’ira dei tifosi, scoppiata clamorosamente durante il ritiro estivo. E anche qui Osvaldo non ha rinunciato al suo ego aiutando la società a trovargli una sistemazione. Conoscendo il carattere le big italiane ed europee hanno preso le distanze, così Pablo è finito al Southampton dell’amico Pochettino. Ma anche qui sono tempi duri.

4° Zdenek Zeman: Ha allenato solo 2 mesi in questo 2013 prima dell’inevitabile esonero, ma dietro la coltre di fumo alimentata dalle sue sigarette si nascondono due fallimenti grossi come una casa: Tachtisidis e Goicoechea. Il primo ha rischiato di allontanare per sempre dalla capitale uno come De Rossi con il quale il boemo ha continuato a duellare tramite stampa e tv anche tra gennaio e febbraio. Il secondo si è macchiato dell’errore più pacchiano dell’anno con quella papera contro il Cagliari. Proprio quel giorno la Roma (mai convinta fino in fondo di Zdenek) metteva la parola Fine al secondo capitolo giallorosso della storia di Zeman. Più corto e meno intenso del primo. Peccato.

5° Marteen Stekelenburg: Undici mesi fa il portiere olandese ci regalò la favola più grottesca dell’anno. Aereo per Londra, bagagli già pronti, cellulare spento mentre la Roma faceva dietrofront e decideva di non venderlo più al Fulham. Lui tornava col muso e continuava a non parare come aveva fatto nel 2012 e come continua a fare in Inghilterra nel 2013. Una delle più grandi delusioni arrivate dal mercato negli ultimi anni e non solo per lo scarso rendimento in campo. Gli infortuni presunti che passavano quando si avvicinava la convocazione in nazionale e i lunghi e antipatici silenzi in campo e fuori hanno pesato molto di più dei suoi tanti errori. A farci tornare la voglia d’Olanda c’ha pensato Strootman.

[Francesco Balzani – Fonte: www.forzaroma.info]