Diciamolo francamente: le aspettative per il debutto della nuova Roma di Zeman erano altissime, figlie di un precampionato spumeggiante e della ventata di entusiasmo portata dal profeta boemo, in grado come pochi altri di risvegliare l’ardore dei tifosi, parzialmente sopito durante l’anno di dominio del Principe delle Asturie.
Dopo un anno passato a parlare di “Trabajo y Sudor”, con un’ora e mezzo di allenamento nel pomeriggio (quando adesso sono anche cinque), e di “tikitaka”, termine esotico per indicare dei “passaggetti” orizzontali che nella migliore delle ipotesi portavano al trionfo nelle statistiche sul possesso palla, quest’anno invece la squadra si muove verso la porta avversaria, i terzini salgono o almeno ci provano, i centrocampisti giocano con la faccia rivolta verso la metà campo rivale.
Sembrano dettagli, ma così non è, perché il bicchiere mezzo pieno nel pareggino strappato al Catania è tutto in questi dettagli, che possono far sperare in un campionato capace di regalare qualche soddisfazione.
Certo, il calcio zemaniano visto in passato, o anche di recente in quel di Pescara, è ancora lontano anni luce e il maestro boemo ha ancora da risolvere diverse magagne tattiche, a partire dal centrocampo che è apparso il reparto più confusionario con De Rossi troppo lento nel dettare i tempi di gioco, Bradley che per novanta minuti ha cercato di ricordare a tutti che l’America è la terra del basket e del baseball, e Pjanic, giocatore dalla classe sopraffina, che ha ricordato alla platea che per giocare a calcio i piedi non bastano ma occorrono anche gli attributi.
I problemi passano anche però per i due esterni, fondamentali per il gioco zemaniano, che per il momento non “tagliano” e sono troppo statici, ragionamento che non fa una piega per Totti, dal quale non si può certo pretendere quel tipo di gioco e che tra l’altro ha sfoderato una buona prestazione, soprattutto per l’impegno e la grinta, ma situazione inaccettabile per Lamela, acquisto molto oneroso della scorsa stagione che in un anno e mezzo si è fatto notare solo per un’espulsione da fesso in un quarto di finale di coppa Italia.
Bisognerà trovare gli uomini giusti per interpretare al meglio gli schemi del boemo e uno di questi potrebbe essere Nico Lopez: un giocatore non si può giudicare da soli 7 minuti in campo, ma se a 18 anni entri con la tua squadra sotto e al 92esimo ti metti a fare tre palleggi in area prima di tirare una mina sotto l’incrocio… beh … le premesse sono buone. Un capitolo a parte merita Bojan, che per caratteristiche sembra essere quello più adatto a dare velocità ed imprevedibilità all’attacco giallorosso, ma Zeman per ora non lo vede e la società pensa di cederlo: potrebbe essere una grande sciocchezza.
La difesa nel complesso è andata abbastanza bene, l’unico apparso in difficoltà è stato Piris che però davanti aveva Gomez, bruttissimo cliente, e che non è stato aiutato per nulla da De Rossi, cosa fastidiosa per uno che per amore della Roma c’ha messo un anno a firmare un contratto da 6 milioni, per poi ribadire il suo amore incontrastato di fronte ad una richiesta che la società sembrava intenzionata ad accettare.
Tra i tanti lati “positivi” c’è anche l’arbitraggio di De Marco che alla prima giornata assegna due goal in fuorigioco e non assegna un rigore.
Ad Maiora.
[a cura di Daniele Iacovitti]