Ci sono storie brevi ma intense, che lasciano dentro qualcosa. Fabio Borini se ne va, ufficialmente. Fugge via da Roma (e dalla Roma), legandosi al Liverpool, forse il club (all’estero) più avverso e detestato da chiunque ami i colori giallorossi.
Un addio rapido, nel momento meno atteso, proprio quando il peggio sembrava alle spalle. Il lungo tormentone, la comproprietà col Parma risoltasi alle buste, con fatica e sudore. L’acquisto (di fatto) di Borini, unito al riscatto di Marquinho, rappresentava il primo passo verso la (ri)costruzione della Roma. Ripartire dalle poche note positive dell’ultima stagione, cercando possibilmente di recuperare alla causa i vari elementi afflitti dagli oscuri mali dell’inesperienza e della discontinuità. Nella disastrosa annata autografata Luis Enrique, Borini è stata una deliziosa eccezione. La classica perla delle ultime ore di mercato. Un colpo di genio di Walter Sabatini. Attaccante italiano, semisconosciuto, classe ’91. Ex Chelsea, prelevato dal Parma a costo zero e girato alla Roma in extremis, il 31 agosto. Per molti il degno erede di Zamblera, simbolo dei carneadi romanisti di tutti i tempi.
Prestito oneroso con diritto di riscatto della comproprietà. Iniziò così la sua avventura a Trigoria. Esordio ufficiale l’11 settembre 2011, all’Olimpico, nel match inaugurale di campionato contro il Cagliari. Uno spezzone scarso, tanto per prender confidenza con ambiente e compagni, ed iniziare a farsi conoscere dalla gente. Subito chiare le caratteristiche del ragazzo: qualità tecniche non raffinatissime, ma al contempo una straordinaria carica agonistica e la voglia di spaccare il mondo. Debutto da titolare il 17 settembre, a San Siro, contro l’Inter. Nessuna paura, nessun timore. Gara di muscoli, vivacità e grinta. Già una rivelazione. lI 26 ottobre, a Marassi, ecco il primo gol. Di rapina, alla Inzaghi, attaccante al quale è stato spesso accostato durante l’anno. Un falco, Borini, nell’approfittare del traversone di Borriello da sinistra, aggredendo il secondo palo e sbattendo di prepotenza il pallone in porta col piatto destro. Prima gioia, prima esultanza del tutto particolare: il coltello tra i denti, emblema dello spirito guerriero del ragazzo.
Nelle sue prime settimane nella Capitale, Borini non diede l’impressione d’essere un bomber vero. Più punta esterna, uomo quasi di fatica. Un Dirk Kuyt italiano, tanto per intenderci. La brusca frenata avvenne il 29 ottobre, all’Olimpico, contro il Milan. Fabio partì titolare, ma dovette uscire al 39′ per una fastidiosa lesione muscolare. Due mesi di stop. Una mazzata, non per lui. Il lungo digiuno dai campi lo caricò a pallettoni. Rientrò l’11 gennaio, in Coppa Italia, con la Fiorentina. Mezzora di gioco elettrizzante, ed il superbo gol del definitivo 3-0. Gemma assoluta. L’ascesa di Borini fu inarrestabile. Nove gol in dodici partite, la prima (ed unica) doppietta il 5 febbraio contro l’Inter, all’Olimpico. Cannoniere principe della stagione, assieme ad Osvaldo. Meglio di tanti bomber romanisti nell’anno d’esordio: Prati, Rizzitelli, Voeller, Vucinic. L’ultimo acuto il 10 marzo a Palermo (1-0 decisivo al ‘Barbera’). Poi un altro infortunio muscolare (sempre contro il Milan, a San Siro, il 24 marzo) ed un finale di stagione in calando, assieme al resto della squadra.
In ogni caso, una nota lieta. Anzi, lietissima. La Roma e i tifosi erano pronti a ripartire da lui e pochi altri. E invece, nel cuore dell’estate, ecco il fulmine a ciel sereno. I soldi del Liverpool, il benestare dei dirigenti romanisti. Il mercato, di fatto, ha inizio così. Con la cessione a peso d’oro di un fanciullo di splendide speranze, a fronte dell’esigenza (ben più evidente) di liberarsi di gente anziana e ormai poco funzionale al progetto. Pazienza, ce ne faremo una ragione. La Roma andrà avanti anche senza Borini, ma resta il rimpianto di essersi fatti sfuggire un ragazzo tosto, caparbio. Una giovane certezza. Nell’eterna attesa di qualche volto nuovo…
[Alessio Nardo – Fonte: www.forzaroma.info]