“L’intesa alla fine verrà trovata, perché sia Unicredit che gli americani non possono più tirarsi indietro. Le ripercussioni a livello d’immagine sarebbero molto pesanti. Quello che più mi preoccupa, riguarda alla Roma, non è tanto il presente, quanto il futuro” Marcel Vulpis, direttore di Sporteconomy, ritiene che ormai la never-ending-story giallorossa sia giunta ai titoli di coda, ma non nasconde le sue perplessità sia su come il tutto è stato gestito che sull’avvenire del club capitolino.
Questa ulteriore bagarre, che si è aperta sul finale di una transazione data per chiusa, ha creato molta acredine e qualche imbarazzo tra le parti, aumentando lo scetticismo di chi ha sempre espresso delle remore su tutta la vicenda Roma: “Fin dall’inizio – queste le sue dichiarazioni a ForzaRoma.info – mi è apparso un modo alquanto strambo di gestire la vendita di un club professionistico, con annessa asta. La banca, infatti, non c’ha mai detto i nomi, eccezion fata per il gruppo Di Benedetto, in competizione per acquisire il club. Oltretutto, mi sarei aspettato che la Rothschild, un colosso nel settore, trovasse dei competitor dal portafoglio molto più pesante di quello del consorzio americano, che è stato cooptato nell’affare da un nodo studio legale romano (Tonucci, ndr). Ancor più strana mi sembra la richiesta degli americani, a pochi giorni dalla chiusura, di chiedere uno sconto su un prezzo già concordato e messo nero su bianco ad aprile in quel di Boston.” I legali degli uomini a Stelle e Strisce – Mark Pannes e Sean Barror, i due co-managing director del Raptor Accelerator di James Pallotta – starebbero lavorando alacremente con la controparte Unicredit – rappresentata dal neo-protempore Presidente della Roma l’Avvocato Cappelli – per trovare un punto d’incontro, in modo da arrivare al closing tra il 29 luglio e il due agosto. Il nodo gordiano, come è noto a tutti, è lo sconto – pari al 10% dei 70 milioni a suo tempo stabiliti – che gli yankee vorrebbero fosse lo ro concesso, poiché consci della necessità di effettuare un aumento di capitale ben superiore rispetto al preventivato: “Fatico – prosegue Vulpis – a credere a una cosa del genere. Prima di tutto, i conti della Roma sono stati presentati in tempi non sospetti a Di Benedetto e soci, che quindi prima di firmare ne han preso visione. Secondo poi, credo che in America, come dalle nostre parti, un contratto firmato vada rispettato. Ritengo che loro si siano accorti che gestire un top club calcistico italiano abbia dei costi superiori a quel che pensavano. Inoltre, mi chiedo perché non abbiano ancora reso pubblico il piano industriale, che è l’abc su cui si basa ogni azienda di qualsivoglia tipo. Quello che poi vorrei sapere è quanto, come e dove investiranno per rendere grande la Roma.”
Società giallorossa che, se tutto andrà come pare, sarà governata da una diarchia. Un modus regnandi che non lascia assolutamente tranquillo il direttore di Sport Economy: “C’è un evidente rischio di conflitto tra le parti, un po’ come successe tra Sensi e Mezzaroma. Un problema che potrebbe acuirsi in futuro, quando a Unicredit subentrerà un altro investitore. La verità è che la Roma doveva essere ceduta a un unico acquirente, che si sarebbe dovuto individuare in qualche Fondo Arabo. Mi domando, come mai Rotschild nella sua opera di scouting non ha trovato alcun business-fund arabo e/o qatariota? Come mai Unicredit, che ha tra i suoi azionisti di maggioranza il fondo sovrano di Abu Dhabi, non è riuscita a venderla a quest’ultimo? La cosa paradossale, inoltre, è che nel frattempo gli arabi si sono comprati il Getafe, il Malaga e il PSG. La risposta è semplice; il calcio italiano non interessa a chi ha veramente soldi e voglia di fare business con lo sport. A tal proposito, nel numero di settembre di Football uscirà una nostra inchiesta che abbiamo chiamato: Petrolfootball. Pubblicheremo in pratica una panoramica sugli investimenti arabi, con relative cifre da capogiro, nel mondo dello sport. Il nostro paese, a parte Mubdala co Ferrari, non è contemplato.”
Tornando alla querelle tra Piazza Cordusio e gli americani, Vulpis pensa che alla fine finirà tutto a tarallucci e vino: “L’accordo verrà trovato, perché non credo che la banca, che pure ne ha la forza finanziaria ma non il management, vorrà sobbarcarsi da sola il peso di guidare la Roma. E’ il modo che mi ha lasciato confuso e il futuro che non mi lascia affatto tranquillo”.
[Tommaso Gregorio Cavallaro – Fonte: www.forzaroma.info]