Paradossalmente vincere a Napoli sarebbe più importante che battere, nelle due successive partite, Juventus e Real Madrid. Vincere al San Paolo dopo la batosta del Bernabeu sarebbe un’iniezione di fiducia fondamentale, un segnale a tutte le rivali in campionato, un messaggio forte e chiaro: il Milan c’è, il Milan è molto di più di quei frantumi lasciati sul prato madrileno. La sconfitta di Madrid è stata bruciante non tanto per il risultato, ma per la prestazione: in Spagna è scesa in campo una squadra spenta, molle, imballata ed impacciata.
La lacuna è stata sempre la solita: il ritmo. Da Ancelotti ad Allegri passando per Leonardo, questa squadra è sempre stata messa in difficoltà da avversari veloci ed aggressivi. Succedeva quando Gattuso, Pirlo e Seedorf portavano sulle spalle meno anni e meno coppe anni, figuriamoci ora.
Ecco perchè la trasferta di Napoli diventa fondamentale: perchè fuori casa il Milan finora ha balbettato, perchè il Napoli è il prototipo di squadra che tradizionalmente il Milan soffre, perchè un altro passo falso potrebbe costare caro in termini di morale. Anche il Napoli è reduce da un incontro di lusso, contro il Liverpool in Europa League. Lo zero a zero finale ha lasciato a bocca asciutta i cinquantamila del San Paolo; non è stato il solito frizzante Napoli, ma non bisogna illudersi. Quest’anno il club di De Laurentiis punta sopratutto al campionato e all’ambizioso obiettivo di una qualificazione in Champions League.
IL MOMENTO AZZURRO. L’inizio di stagione degli uomini di Mazzarri è stato esaltante. Quest’estate tutti hanno lodato l’operato del Direttore Sportivo Bigon e la bontà dell’acquisto di Cavani, ma nessuno si aspettavo che l’impatto dell’uruguayano fosse così devastante da trascinare il Napoli al quarto posto in classifica a stretto contatto con le due milanesi e la capolista Lazio. A fine estate il popolo azzurro non era pienamente convinto della campagna di rafforzamento: a far da contraltare all’acquisto di Edison Cavani, infatti, c’erano le cessioni di giocatori di livello come Datolo, Cigarini, Denis e l’ex idolo Quagliarella. Ancora oggi, personalmente, resta la convinzione che il Napoli sia una squadra dalla rosa troppo ristretta per puntare con decisione al quarto posto e ad un lungo cammino in Europa League, ma per ora tutto gira alla perfezione e i risultati stanno dando pienamente ragione a Mazzarri. In sette giornate gli azzurri hanno conquistato 12 punti grazie a tre vittorie (Sampdoria, Cesena e Roma), tre pareggi (Fiorentina, Bari e Catania) e una solo sconfitta (in casa contro il Chievo). Per ora il ruolino di marcia in trasferta è migliore di quello casalingo. A Fuorigrotta, infatti, Lavezzi e compagni hanno conquistato solo quattro punti. Gli azzurri cercheranno di invertire questo trend a partire da lunedì. Che avversario migliore del Diavolo, per scrollarsi di dosso le paure e guardare al Paradiso?
LA CHIAVE DEL PROGETTO. Il momento d’oro del Napoli ha un nome ed un cognome: Walter Mazzarri. Sicuramente questo toscanaccio vecchio stile non sarà simpatico a molti addetti ai lavori (sono in tanti a sottolineare la sua tendenza a lamentarsi con gli arbitri e a fare paragoni con i suoi predecessori) ma a Napoli è già diventato un idolo. Prima di questa esperienza, però, l’ex centrocampista della Fiorentina aveva già seminato risultati importanti: una promozione in Serie A con il Livorno, una storica salvezza con la Reggina partendo da 15 punti di penalizzazione, un piazzamento Uefa e una finale di Coppa Italia persa ai rigori con la Sampdoria, dove tra l’altro riuscì a restituire al grande calcio il talento di Antonio Cassano. Nel suo primo anno alla guida della squadra (subentrò il 6 Ottobre 2009 a Roberto Donadoni) è stato in grado di dare un’identità ben precisa al Napoli. Un volto che rispecchia alla perfezione il suo carattere deciso e battagliero. Sono state molte, infatti, le clamorose rimonte dettate dalla cattiveria agonistica e dalla voglia di non mollare degli uomini di Mazzarri. Pensiamo in primo luogo al pareggio casalingo proprio contro il Milan del 28 ottobre 2009 (da 2-0 per i rossoneri al 2-2 finale raggiunto al terzo minuto di recupero) e alla vittoria di Torino contro la Juventus (da 0-2 a 3-2 in un quarto d’ora). Sicuramente i tifosi partenopei non vorranno soffrire come nella partita della scorsa stagione ma accorreranno in massa allo stadio (previste oltre 60.000 persone) consapevoli del fatto che da ben dodici anni il Milan non esce dal San Paolo con i tre punti in tasca.
IL DUBBIO E’ A DESTRA. Il Napoli di lunedì sera sarà una formazione fedele al credo tattico di Mazzarri. Confermato il classico 3-4-2-1 basato sul costante uso delle corsie laterali e sulle invenzioni del trio-meraviglia Cavani-Lavezzi-Hamsik. Davanti a Morgan De Sanctis giocheranno Grava, Cribari (al posto dello squalificato Cannavaro) e Campagnaro. A centrocampo Mazzarri deve ancora decidere se sulla fascia destra giocherà Maggio (forse il giocatore che più ha deluso in quest’inizio di stagione) o Zuniga, travolgente nella trasferta di Siena. Confermatissimo Dossena sulla corsia sinistra, i due centrali di centrocampo saranno con ogni probabilità Gargano e Pazienza. Qualche possibilità anche per Yebda, che potrebbe far rifiatare Pazienza. Davanti non è tempo di turn-over ed esperimenti: Hamsik fungerà da trequartista con Lavezzi in appoggio a Cavani, capocannoniere del campionato con 6 reti assieme a Samuel Eto’o. Una volta il rivale numero uno del Napoli di Maradona era il Milan degli olandesi. Ora, invece, un argentino e un uruguayano dovranno trascinare il Napoli contro questo “Milan do Brasil”.
[Gabriele Pipia –
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