Il dott. Arturo Guarino, Direttore della Traumatologia dello Sport dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano ed ex medico dell’Inter, spiega come si interviene nei casi come quello di Leonardo Spinazzola
MILANO – Come se qualcuno ti avesse lanciato un sasso sul polpaccio o come se un elastico si fosse rotto in maniera violenta. Sono queste le sensazioni che ha provato Leonardo Spinazzola, il terzino della nazionale italiana di calcio, in forze alla AS Roma, uscito in lacrime su di una barella, nel corso della partita Belgio-Italia dell’europeo. Lo spiega il dott. Arturo Guarino, Direttore della Traumatologia dello Sport dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano ed ex medico dell’Inter. “Il realizzarsi di forze distrattive – aggiunge l’esperto – con leve particolarmente sfavorevoli in appoggio può essere il motivo della rottura tendinea”.
Il tendine d’Achille è una formazione nastriforme tenace ed elastica, la sua funzione è di favorire la fase di spinta del passo in virtù di una flessione plantare del piede. Permette quindi di camminare sulle punte, come spiega il dott. Guarino: “Uno dei modi per affermare l’avvenuta rottura del tendine d’Achille è chiedere al paziente di alzarsi sulle punte, se il tendine è lesionato, il paziente non riesce nell’intento”. La rottura può avvenire a ogni età, anche se è molto raro nei bambini: “È bene specificare che in condizioni di normalità il tendine non si rompe. La lesione può essere espressione di una predisposizione biomeccanica che si verifica soprattutto nei vari gradi di piede cavo, varo-supinato. Questa condizione di fatto è resa possibile da una tensione anomala della loggia flessoria della gamba. Quasi sempre la genesi è degenerativa legati a condizioni di ‘over use’ funzionale e sovente avviene in parallelo ad anomalie del metabolismo lipidico. Alcuni antibiotici chinolici se assunti di con frequenza possono favorire la degenerazione tendinea”.
Ai fini delle diagnosi, l’esame clinico permette all’ortopedico di percepire lungo il decoroso tendineo la presenza di un avvallamento, un ‘minus’, dove c’è la lesione: “Nei giovani la lesione si verifica quasi sempre in prossimità della giunzione muscolo tendinea, quindi nella zona alta del polpaccio, mentre le forme degenerative che più di sovente si verificano in età avanzata vedono spesso una rottura verso l’inserzione calcaneare. La risonanza magnetica poi rende il quadro più chiaro”.
L’intervento chirurgico è l’unica via di soluzione, in caso grave perdita di tessuto (degenerazione) dei monconi si può ricorrere a plastiche di ribaltamento tendineo. I tempi di recupero dipendono dalle condizioni del paziente: “Generalmente servono 45 giorni di scarico, a seguito dei quali comincia un ciclo di riabilitazione atta al ripristino del range articolare delle caviglia, seguito da un recupero graduale del carico che si normalizza di solito intorno al terzo mese. Dal terzo mese in poi si possono intensificare le sedute di ginnastica per recuperare il tono muscolare. Se le condizioni lo permettono, già dal secondo mese è possibile iniziare la riabilitazione in acqua. Man mano che l’appoggio si normalizza, il paziente apprezza quotidianamente un recupero del tono muscolare”. Un accorto monitoraggio del paziente è fondamentale per la ripresa: “Essendo una zona con una vascolarizzazione precaria è bene che il paziente nell’immediato post operatorio resti con l’arto elevato per evitare che si creino condizioni di accumulo ematico, edemi e sofferenze cutanee”.
Sono diversi i calciatori che sono stati operati al Presidio Pini e che avevano subito la rottura del tendine d’Achille, ricorda il dott. Guarino: “L’equipe di Traumatologia dello Sport dell’ASST Gaetano Pini-CTO è in grado di utilizzare tutte le tecniche chirurgiche per saturare il tendine. In particolare, quando possibile, si predilige praticare piccole incisioni ‘di servizio’ e l’uso di fili particolarmente resistenti che permettono una sutura quasi a ‘cielo chiuso’”.