Per il momento godiamoci questo successo. In una stagione dove sembra impossibile mettere insieme due risultati utili consecutivi, rialzarsi in Coppa Italia con questa arrembante vittoria sull’Udinese, dopo una sconfitta maturata immeritatamente in campionato con la Lazio, non può che far bene.
C’è una cosa, però, che non possiamo affatto permetterci: sedersi. Il 2010/2011 si sta rivelando un campionato alquanto strano, e la Sampdoria rappresenta il fiore all’occhiello di queste stranezze, con le sue prestazioni maiuscole con corazzate tipo Roma, Inter, Milan e Juventus, e le altrettanto impressionanti cadute, contro compagini nettamente inferiori come il Brescia, ad esempio. Bè, una stagione altalenante ci sta, e sinceramente, pur correndo magari il rischio di sentirsi appagati, c’è da dire che dopo l’anno passato, quando il 99% delle partite sono filate lisce fino al centrare una chimera quale la qualificazione ai preliminari di Champions League, ci può stare di vivere un’annata in chiaroscuro.
C’è un elemento, tuttavia, che non può mancare mai: la passione. I tifosi blucerchiati ce la stanno mettendo tutta per continuare a dimostrarla nei confronti dei propri beniamini, ma dopo un terremoto quale è stato il caso-Cassano, probabilmente tocca alla società adesso dimostrare passione e rispetto verso una piazza che mai, nemmeno durante il momento più spinoso dell’anno, nel bel mezzo della querelle tra Fantantonio e il Presidente, ha fatto mancare il proprio affetto e sostegno verso i colori più belli del mondo.
Abbiamo bisogno di passione, ora più che mai. Ora che il fantasma di una serie di eliminazioni giunte al 90° o giù di lì si sente sempre di più, ora che l’uomo chiamato a guidare la truppa dopo otto anni di soddisfazioni targate Marotta-Paratici non fa più parte della squadra, ora che il Faro, la Luce, l’Ispirazione, non c’è più, ci vuole passione. L’arrivo di Federico Macheda, in quest’ottica, è un sicuramente un tonificante, ma è anche un’arma terribilmente a doppio taglio. Perché se Kiko, come speriamo, fa il Pazzini dei suoi primi sei mesi a Genova nel 2009, Ferguson se lo verrà a riprendere stringendo la mano a tutto l’ambiente, ma lasciandoci senza un gioiello. E se Kiko fallisce? Facile seppellire un ventenne sotto chiacchiere del tipo “non si è ambientato”, “non ha avuto spazio”, “è acerbo per il calcio italiano”, e via che torna comunque al mittente. Siamo tutti già innamorati di Federico, ma attenti a non restare scottati, comunque il ragazzo si comporterà con i colori più belli del mondo.
Purtroppo, a fare da bilancia all’arrivo di Kiko, c’è una partenza che brucia: Guido Marilungo è stato venduto, poco più che ventenne, all’Atalanta per circa 5 milioni di euro. Una bella somma, non c’è che dire. Ma stiamo parlando di quello che forse in attacco, proprio dopo Macheda e Balotelli, è il miglior talento italiano. E’ stato giusto lasciarlo andare così?
Senza entrare nel merito di chi forse ha parlato troppo in questi mesi, essendosi reso conto di avere per le mani una potenziale gallina dalle uova d’oro, ci guadagna veramente tanto il Doria ad aver dato via Marilungo? Mah, se analizziamo il futuro di Macheda e il fatto che Pazzini, a detta di tanti, in blucerchiato sembrerebbe avere i mesi contati, forse no. Perché Marilungo è un nostro prodotto, è stato coccolato ed è cresciuto con tutti i crismi da un ambiente che ha respirato sin dalla giovanissima età, c’era un progetto dietro di lui, forte, e aveva già dimostrato in qualche scampolo di serie A (3 reti in 7 presenze con Mazzarri nel 2008/2009 a neanche vent’anni) ed in B in una stagione da protagonista con il Lecce (13 reti che spingero i salentini nella massima serie) di poter essere l’uomo giusto, un giorno, su cui poggiare il peso di un blasone come la Samp.
Non è stata portata la pazienza necessaria, e Guido è storia. E se contiamo che lì davanti restano Nicola Pozzi, volenteroso bomber di razza che complice qualche infortunio di troppo e la coesistenza con il Pazzo, non è ancora esploso, ed un oggetto tanto misterioso quanto talentuoso come Bruno Fornaroli, a guardare oltre il proprio naso si vede buio. Anche perché, parliamoci sempre più chiaro, la luce si è spenta. Va bene Macheda in prestito, andrebbe bene anche vendere Ziegler e trovare una valida alternativa, va bene blindare Poli, va bene riscattare Pozzi, va bene valorizzare Volta e mandare in prestito un giovane di belle speranze come Rossini, ma in tutto ciò, la luce, chi la accende?
E’ il principale problema del Doria: con la partenza di Cassano la luce si spegne troppo spesso e troppo in fretta, è evidente. La Sampd’oro era un Vierchowod granitico, un Lombardo inafferrabile ed un Vialli infallibile, ma quando le cose non andavano, Mancini accendeva la luce. La Sampdoria dell’incubo C scongiurato a tre giornate dalla fine, quella della promozione di Novellino e delle quasi qualificazioni prima in Uefa e poi in Champions sempre con Monzon alla guida, erano sì le scarpate di Sakic, le corse di Diana e le reti di Bazzani e Bonazzoli, ma quando le cose non andavano, Flachi accendeva la luce. Quagliarella, in quell’anno di grazia in cui gli riusciva tutto (a dir la verità, gli riesce tutto anche ora…) e si consacrò al calcio che conta, accendeva la luce.
Ecco, la Sampdoria deve mettere passione nella ricerca di un uomo che accenda la luce. Cassano (che tu possa far tremare il cielo e la terra anche in rossonero, perché non potremo mai, mai volerti male dopo tutto ciò che ci hai regalato) non si è portato via le chiavi del quadro elettrico, dunque ci sarà pur qualcuno disposto nuovamente ad accendere la luce sui colori più belli del mondo…
[Niccolò Bagnoli – Fonte: www.sampdorianews.net]
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