La pausa del campionato per fare spazio alla Nazionale ci consente di fare un primo punto della situazione su quanto si è visto finora in questo 2010/2011.
Premetto che non ho cambiato opinione: questa è la Sampdoria più forte dell’era Garrone, la più dotata e compatta dai tempi di Eriksson in panchina. Rispetto alla pur straordinaria stagione passata possiede molta più completezza in tutti i reparti, con alternative all’altezza dei titolari, e mi fa specie che certi commentatori lontani dal mondo Samp siano stati in grado, anche in tempi recenti, di asserire il contrario. Tutta gente che senza esotiche desinenze sudamericane si sente spaesata. Lasciamoli berciare.
Come valutare, quindi, questa prima parte di campionato? E’ sotto gli occhi di tutti che la squadra stia stentando a trovare una sua identità precisa. E’ questione di modulo, di forma e di convinzione. Il bastone del comando è in mano a Di Carlo, il quale non solo ha giocato ad alto livello, ma non è nemmeno – pur giovane – un pischello della panchina.
Vedrà quindi lui per primo, e con maggiore compiutezza rispetto a noi, non fosse altro per le frequentazioni diuturne dello spogliatoio e degli allenamenti, che questa squadra sta faticando in modo innaturale (rispetto alla batteria di uomini a disposizione) a creare occasioni da rete. Io ne ho contate cinque nelle ultime quattro partite tra campionato e coppa, di cui tre a Bologna. Un po’ poco per chi ha davanti la coppia più forte del calcio italiano, e a rincalzo due tra i giovani più interessanti in circolazione.
Atteso che la difesa a volte sembra ballare pericolosamente ma regge comunque bene agli urti, in virtù di meccanismi collaudati e di intime consapevolezze (Gastaldello in Nazionale è arrivato persino tardi, visto il panorama), è dalla cintola in su che la squadra appare un po’ grigia, quasi adagiata sul gioco avversario, anche quando di fronte ha compagini di tenore certamente inferiore, quali le ultime quattro incontrate.
Al di là di ogni considerazione sul modulo – ogni cuoco ha i suoi piatti, ogni mister il suo metodo – l’impressione è che in questa prima fase gli attori interpretino la parte da fermi, senza spostarsi dalla mattonella. E ciò può essere dovuto a molti fattori, e principalmente a due: intanto l’indisponibilità di qualche elemento chiave e la forzatura di altri a ricoprire ruoli non proprio naturali; e di conseguenza la scarsa dimestichezza con un gioco che, invece, prevede con tutta probabilità un’interpretazione più rapida e mobile, ricca di quell’intraprendenza che finora si è vista solo a sprazzi e solo dai soliti noti (Cassano e Guberti per le invenzioni, Palombo e Pazzini per l’attitudine ad attirare strali e palloni).
Non è estranea a questa situazione l’impossibilità di studiare a fondo la partita successiva in una fase di stagione nella quale si è giocato ogni tre giorni per circa un mese. A Di Carlo le attenuanti non mancano, ma a lui vanno ascritti finora due grandi meriti: in una fase delicata sul piano psicologico e non solo, la sua squadra non ha mai sbracato ed è sempre rimasta in partita; per di più, cambiando spesso formazione e dando adeguato spazio a (quasi) tutti gli interpreti a disposizione senza che la qualità ne risentisse.
Tanto per dire, ad Eindhoven i ragazzi in campo nel primo tempo hanno messo in evidente soggezione una big d’Europa, sfiorando il colpaccio. Per questo motivo resto fiducioso: questa è una squadra che può fare davvero molto bene. L’ambiente blucerchiato sa essere sereno nelle sue attese come nessun altro. Il posto ideale dove fare calcio.
[Giuseppe Viscardi – Fonte: www.sampdorianews.net]
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