Vorrei che ogni giorno fosse come questa domenica

514 0
Vorrei che ogni giorno fosse come questa domenica
Fonte foto: Twitter Fiorentina

In tutti i campi d’Italia il ricordo di Davide Astori, una domenica particolare che deve far riflettere ed unire

FIRENZE – Un silenzio assordante, non circoscritto ma libero e sincero. Contornato da sguardi persi, lacrime e abbracci. Un silenzio assordante in una domenica di marzo, anzi, nella domenica di marzo in cui l’eco de “Le Rondini” di Lucio Dalla ha toccato corde mai suonate prima nell’animo di tutti noi. Un nome, un numero, una ragazzo che ha saputo unire ciò che l’ignoranza purtroppo divide quotidianamente, ciò che le barriere architettoniche di molti stupidi impediscono di vedere. Abbiamo pianto per un figlio, un ragazzo e un padre come se fosse il fratello di tutti noi. Vorrei che ogni giorno fosse come questa domenica appena trascorsa, una lunga scia di solidarietà e di amore puro verso qualcosa che va oltre il semplice contesto sportivo, va oltre il semplice atleta, giocatore o allenatore.

Questa domenica ci ha insegnato che ciò per cui siamo pazzi è più di uno sport, ha una potenza comunicativa enorme e la capacità di emozionare perché dentro a quelle maglie, pantaloncini e tute ci sono persone in carne ed ossa. Troppo spesso lo dimentichiamo o diamo per scontato che sia una cosa troppo distante dalla nostra psiche. In quel silenzio quasi universale di Firenze dove tutto è andato oltre, tutto si è spostato verso un’altra dimensione. Tutto è andato oltre i gesti, le parole e le infinite lacrime. Nella domenica surreale il Viola non si è sbiadito, anzi, è stato vivo più che mai perché in quell’atmosfera mistica si è andati oltre il significato della vita stessa. Oltre i tre minuti di silenzio, oltre la straziante coreografia al minuto 13, oltre le coincidenze e il fato, oltre l’infinità tristezza dei calciatori a fine partita.

 

Si è varcato quel confine che divide la terra e il cielo, il calcio e la vita. Qualcuno le ha sempre viste come rette parallele ma ieri si sono incrociate senza farsi male, come l’abbraccio dell’arbitro Pasqua a Badelj, nuovo capitano Viola, come le sincere lacrime di Buffon, non trattenute con lo sguardo rivolto verso l’altro, verso l’oltre. Come a Cagliari, come a Milano, come a Roma, come in tutto il mondo. Ieri ogni stadio d’Italia era a Firenze e Firenze era in ogni stadio d’Italia, c’era un 13 ovunque. Anzi non “c’era” ma c’è e ci sarà perché voglio credere che quel gol Viola sia stato l’ultimo di Davide, voglio credere che tutte quelle coincidenze siano un segno, come la pioggia sottile. L’11 marzo 2018, vorrei che ogni giorno fosse come questo.

Vorrei che il calcio fosse sempre unito come lo è stato per questa settimana: senza stupide barriere, senza le becere offese, senza nulla che non appartenga alla genuinità di questo pazzo mondo, che noi adoriamo perché non è solo un gioco. E’ un colore unico che non deve avere sfumature, è un numero che campeggerà per sempre in quel silenzio assordante che può solo unire, volare come “Le Rondini”. Come uno striscione: “Finché Firenze vive tu vivrai con lei”. Come una canzone: “La vita non è solamente retorica ma sostanza purissima, che ti nutre le cellule”. Ogni giorno come l’11 marzo, nella Terra degli Uomini.