Rapido elenco di amenità sentite nelle ultime 48 ore (al netto degli insulti). Tifoso napoletano a tifoso interista: “Figlio di zoccola te ne abbiamo fatti tre”. Tifoso interista all’arbitro Rocchi: “Pezzo di m…, se ripassi da San Siro sei morto”. Tifosi juventini e milanisti agli interisti: “Bastardi, prescritti, siete tornati al pre Calciopoli, falliti”. Tifosi interisti a tifosi milanisti e juventini: “Ladri, infami, capi della cupola”. Tifosi juventini a tifosi milanisti: “Rossoneri schifosi, Torino domina”. Tifosi rossoneri a tifosi juventini: “Fango siete e fango resterete”.
L’accozzaglia di insulti è completata da alcune immagini singolari e decisamente più ironiche: San Gennaro che mostra il “tre” ai nerazzurri, Ranieri che si trasforma in Mou e fa il gesto delle manette, Moratti sommerso dai babà, Abbiati con le fattezze di un piccione. Siamo al tutti contro tutti: era così, è così, sarà sempre così. Ma questa volta c’è di più. Prima dell’inizio del campionato l’avevamo detto: se non apparecchiano il benedetto tavolo della pace, alla prima cantonata arbitrale si scatenerà l’inferno. Così è stato: le micidiali sbandate prese dal sciur Rocchi in Inter-Napoli sono bastate per aizzare tensioni e risvegliare i complottisti di ogni fede e colore. Ora è tardi, tornare indietro non si può: prepariamoci ad assistere a un torneo saturo di veleni e ulcere pallonare, stadi miseramente desertificati e arene virtuali dove ci si insulta a più non posso. Contenti noi, contenti tutti (contenti soprattutto all’estero…).
Al club del dileggio son tutti iscritti ma per fortuna c’è anche chi pensa a giocare. Così fa Conte, l’uomo che più sbraita più sembra posseduto dallo spirito di Moggi (stesso tono di voce), il tecnico “missionario” nel senso che ha preso così seriamente l’impegno da sembrare un salmone deciso a deporre le uova. Non credete a Buffon che dice “non siamo i più forti”, non credete neppure allo stesso Conte che replica “siamo in fase di costruzione”: fan bene i grandi capi a dire quel che dicono, ma la Juve è senza ombra di dubbio una squadra da scudetto. Tre i motivi: 1) Una partita alla settimana is megl che two. 2) Tra le concorrenti al titolo non c’è nessun Barcellona del caso, anzi. 3) Lo spirito di squadra della Signora, la “fame”, la voglia di tornare a vincere qualcosa dopo tanto tempo è la stessa che aveva Rocky Balboa quando correva all’alba sulla scalinata di Philadelphia.
Dice il frettoloso: “Allora è fatta, la Juve sarà campione”. Forse. La verità è che a snocciolare pronostici si finisce quasi sempre a far la figura dei pirla, quindi molto meglio valutare quel che accade. Se Torino ora è il regno della “bava alla bocca”, Roma è il principato dell’abnegazione. L’armata Brancaleone di Luis Enrique vista fino a un mese fa, comincia ad assumere le fattezze del suo mister: i giocatori fanno di tutto per assecondare le idee del tecnico, Totti compreso. Se il meccanismo sarà ben oliato e l’ambiente si comporterà come ottimamente ha fatto finora (tifosi compresi) i giallorossi si toglieranno belle soddisfazioni.
Poi c’è l’Inter. Troppo banale dire che se perdi 3 delle prime 5 partite puoi tranquillamente dire addio allo scudetto, banalissimo insistere sul concetto della squadra vecchia e del mercato fallimentare. L’impressione, invece, è che i disastri griffati Rocchi possano aver fatto meglio ai nerazzurri di tre punti presi sul campo. Ranieri ha guidato la sommossa dei campioni del mondo, Moratti l’ha appoggiato, i tifosi pure. Mancava una cosa più delle altre all’Inter post Mou: un condottiero incavolato come una biscia, capace di guidare uno spogliatoio complicato. Ora ce l’ha e pazienza se il distacco dalla vetta è già importante.
Chiusura sul Milan di Allegri, l’allenatore più sfortunato della settimana (senza Nesta son dolori). Il ko di Torino comincia a pesare sulle spalle di un tecnico che da quando è in rossonero ha sbagliato praticamente nulla. Dire che il diavolo abbia perso corna e spirito guerriero è una sciocchezza, ma non ci si può più nascondere dietro alle assenze per infortunio di tizio e caio. Lo staff rossonero ha scelto di puntare su una squadra muscolare ma si è dimenticata di acquistare i “chilometri zero”. Gli ultratrentenni alla fine tradiscono, soprattutto se sono costretti a giocare tre volte alla settimana. In attesa di ritrovare Pato e un altro paio di punte di diamante (Robinho, Boateng meno sfasato, la iena Gattuso a centrocampo) ad Allegri non resta che fare una cosa: spegnere il cervello, stracciare il diplomino di Coverciano e lasciar fare a Ibra. Nei momenti difficili gli schemi contano come i ghiaccioli al Polo: tocca ai campioni tenere a galla la squadra.
[Fabrizio Biasin – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]