Le parole del presidente della Serie C Ghirelli attraverso un lungo post pubblicato sulla sua pagine Facebook.
ROMA – Come bisognerebbe affrontare il tema ripresa del campionato della Serie A o dei campionati:
A) il calcio riprende quando ripartiranno le attività sportive e produttive del Paese, nel rispetto più totale della salute come bene primario e nel rispetto della “catena di comando” che vige in status di pandemia: autorità scientifiche e sanitarie-Governo-Coni-FIGC-leghe. In questo scenario, logicamente sappiamo che c’è un convitato di pietra, il MALEDETTO, il virus silente e subdolo;
B) c’è una specificità del calcio italiano che riflette la diversità del Paese. La Serie A è il calcio di élite, dotata di risorse e strutture, capace di svolgere un ruolo di sussidiarietà per tutto il calcio italiano ed anche, in parte, per lo sport italiano. Nel contempo, potrebbe, per la sua peculiarità nella procedura di preparazione alle gare, consentire di dare un contributo significativo per la conoscenza del virus, la grande incognita che conosciamo solo in parte. La serie B si colloca in coda alla Serie A con maggiori limiti e contraddizioni. La Serie C si trova per collocazione territoriale, strutture mediche e dei centri sportivi, per difficoltà economico-finanziarie nella impossibilità di riprendere in tempi ragionevoli, a meno che non si decida in Europa di passare da stagione sportiva ad anno solare e fare una sperimentazione in tal senso fino al mondiale in Qatar nel novembre-dicembre 2022. Analoga, se non più grave, la situazione nel campionato di Serie D e, ancor più evidentemente impossibile da riprendere a giocare, se non in tempi ritardatissimi, nei campionati della LND. In tutti i campionati giovanili e di settore giovanile scolastico, da tempo, si è pensato di chiudere in anticipo la stagione sportiva.
C) la ripresa degli allenamenti per la Serie A prevede da parte del Protocollo Sanitario la costituzione di un “gruppo chiuso” per almeno ventuno giorni. Una occasione irripetibile per la sperimentazione che si potrebbe fare e per metterne i risultati al servizio della scienza e della salvaguardia della salute di tutti gli italiani. Venti “gruppi chiusi” per tre settimane ove si potrebbe rispondere a qualche domanda che determina grande incertezza nel capire come agisca il MALEDETTO:
1. gli asintomatici/portatori sani, i portatori di basso contenuto di infezione all’interno di una comunità chiusa e sana. Fino ad oggi, la risposta più efficace è stata quella del distanziamento sociale; quanto si può prolungare questa misura? quanto può reggere il Paese uno status che mina le sue fondamenta economiche (l’apparato produttivo ed industriale, la rete dei servizi, ecc.) e il suo equilibrio sociale (i segni di rivolta sociale nel Sud, in particolare)? Quanto dovremo convivere con il MALEDETTO?
2. I calciatori, gli sportivi professionisti sono esposti all’attacco del MALEDETTO perché hanno una porta di ingresso aperta, perché hanno una dimensione permanente, di base, di un potenziale status infiammatorio? Un “gruppo chiuso” per tre settimane potrebbe essere un laboratorio unico e irripetibile per provare ad avere qualche risposta più in materia.
3. Il MALEDETTO, lascia effetti sull’organismo che non si conoscono fino a minare alcuni parametri che consentono la prestazione fisico-atletica. Anche qui le conoscenze sono scarse. Un “gruppo chiuso” per tre settimane potrebbe fornire risposte per gli atleti professionisti, da estendere a quelli dilettanti e forse anche alla popolazione.
Ecco, come il calcio definito “speculativo” dimostra quanto ci sarebbe da ripensare criticamente da parte di chi lo abbia pronunciato questo termine perché quel calcio è capace di fare del bene al suo mondo e attraverso ciò estendere i benefici al Paese e alla scienza.
D) la serie A, nel suo aspetto del fare profitti svolge una funzione redistributiva fino al sociale: assicura che i danni derivanti dal presunto non rispetto dei contratti televisivi non ricada, anche, sulle leghe sottostanti, per noi della Serie C sarebbero 5milioni di euro. Il problema prevalente non consisterebbe nel fatto di non prendere perché il contratto diritti TV è “blindato”, sarebbe prenderli a “babbo morto” dopo i tempi per dirimere il contenzioso in via giudiziaria. La Serie A riprendendo a giocare assicura anche attività nell’indotto, si pensi alla raccolta sulle scommesse sportive dove il calcio è al di là del 75% della raccolta portando beneficio indiretto allo sport italiano e al fisco, cioè allo Stato.
Interpretando la ripresa da questo punto di osservazione, fermo restando che si potrebbe riprendere solo in rispetto delle condizioni di salvaguardia della salute, si ricava un giudizio diametralmente opposto di quello circolante. Logicamente il tutto è opinabile, però è un’altra visione!
Francesco Ghirelli