Chissà se tutti, giocatori, allenatore e dirigenti, al Torino ieri sera hanno visto Barcellona-Milan? La partita del Barça è stata il manuale di cosa si deve fare se si vuole vincere: 1) determinazione, 2) concentrazione dal fischio iniziale a quello finale, 3) conoscenze e 4) saper sfruttare al massimo le proprie caratteristiche esaltando le qualità positive in modo da coprire le lacune. É chiaro che il Torino è anni luce distante dai blaugrana ed è improponibile un paragone, ma nulla vieta che i granata prendano ispirazione da chi è il numero uno nell’attuale mondo del calcio.
La miglior difesa è l’attacco recita un proverbio e il Barcellona ha dimostrato con i fatti quanto sia vero: con intelligenza basandosi sulle superiori qualità tecniche dei suoi giocatori e sulla loro esperienza ha sfruttato il fatto che il Milan, forte del due a zero dell’andata, ha provato a difendere il risultato finendo per commettere errori. I rossoneri possono recitare il mea culpa sia in occasione di uno dei rari attacchi con il tiro impreciso di Niang che ha colpito il palo quando il Barcellona era in vantaggio per uno a zero e se avesse fatto gol avrebbe reso ben più ardua la remuntada dei catalani, sia in difesa, palla persa da Ambrosini che ha innescato la giocata di Iniesta conclusa con il secondo gol di Messi e l’errato intervento di Constant su Villa che ha messo il giocatore blaugrana nella condizione di segnare la rete che ha sancito l’uscita dei rossoneri dalla Champions. Il gioco del Barcellona ha schiacciato di fatto il Milan nella sua metà campo e il possesso palla blaugrana abbinato alla rapidità corale nell’esecuzione dei movimenti li ha messi nella condizione di arrivare al tiro finale centrando ben quattro volte la porta di Abbiati che, per quanto abbia provato ad opporsi, non ha potuto fare nulla sulle prodezze di Messi, Villa e Jordi Alba. Tutto questo ha permesso al Barcellona di evitare che qualche errore in fase difensiva potesse costare caro, complice anche l’atteggiamento troppo prudente del Milan e l’inesperienza e la minor qualità tecnica di qualche giocatore rossonero, infatti Mascherano non è esente da colpe sull’azione che ha portato Niang a trovarsi a tu per tu con Valdes senza poi avere la capacità di freddare con un tiro preciso il portiere avversario.
La duplice lezione che dovrebbe apprendere il Torino dalla visione di Barcellona-Milan è che preoccuparsi troppo di agire in difesa toglie energie in attacco e se nelle occasioni che capitano sottoporta non si è precisi inevitabilmente si finisce per perdere a prescindere se l’avversario si chiami Barcellona o Parma.
Il Torino anche se i punti che lo separano dal Siena terzultimo si sono ridotti a otto e se le squadre che si trovano fra lui e i toscani sono solo più due, il Chievo che tra l’altro ha gli stessi punti dei granata e il Genoa che ne ha sei in meno, non è nella condizione di correre il rischio di non centrare l’obiettivo stagionale della salvezza, pur se il calendario delle ultime dieci giornate lo vede opposto a ben sei formazioni (Lazio, Napoli, Roma, Fiorentina, Juventus e Milan) che sono in piena lotta per i primi posti della classifica, quelli che permettono di accedere alle competizioni internazionali, e solo a tre che lottano come lui per restare in serie A (Bologna, Genoa e Chievo) e una (Catania) che si è tranquillamente accomodata a metà classifica. Conquistare i mancanti otto punti per arrivare a quota quaranta, che rappresenta la certezza di raggiungere l’obiettivo stagionale, è fattibile visto che ci sono in palio trenta punti. Ma ci vuole determinazione, concentrazione, un gioco che bada al concreto esaltando le conoscenze che fin qui hanno acquisito i granata e le doti individuali, oltre che sfruttando anche la minima debolezza o distrazione degli avversari e sapendo accettare le critiche.
É indice di non totale tranquillità e sicurezza nei propri mezzi alterarsi se uno o più tifosi sottolineano che non concordano con quanto vedono in campo, sia che siano scelte dell’allenatore sia che siano errori commessi individualmente da un giocatore o coralmente da tutta la squadra. I tifosi pagano il biglietto allo stadio e comprano gli abbonamenti alle tv a pagamento per vedere le partite della loro squadra del cuore, quindi hanno tutto il diritto di esprimere civilmente le loro opinioni. E’ sacrosanto che gli allenamenti si svolgano in modo che la squadra si prepari al meglio alle partite, ma fa sorridere la favoletta che debbano svolgersi a porte chiuse per non dare vantaggio agli avversari. Al giorno d’oggi le partite vengono tutte trasmesse in tv e ognuno può registrarle e analizzarle nei minimi dettagli. A fine campionato, ma anche all’inizio, gli addetti ai lavori, e non solo, sanno esattamente le caratteristiche dei singoli giocatori e delle squadre, come una formazione viene disposta in campo, come batte i calci da fermo e quali soluzioni può inventarsi un allenatore, soprattutto se è anni che svolge questo lavoro, quindi gli allenamenti a porte chiuse non servono a nascondersi agli avversari, ma solamente a impedire che vengano diffusi in tempo reale su Facebook o su Twitter o sui siti internet e poi in tv e sui giornali i richiami che il mister fa ai suoi giocatori o le divergenze di opinione fra i calciatori e con l’allenatore. Divergenze di opinioni che esistono in tutti gli ambiti lavorativi e che vanno accettate visto che fino a prova contraria si vive in democrazia.
[Elena Rossin – Fonte: www.torinogranata.it]
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