Essere, o non essere, questo è il dilemma. Il Torino è quello che in casa ha conquistato tre punti con il neopromosso Pescara, uno con l’Udinese ancora in rodaggio e ben distante dalla squadra che lo scorso campionato si piazzò terza, e zero con: l’Inter superiore per qualità e avvezza alla serie A, il Cagliari formazione alla portata e che fino a quel momento era in crisi di gioco e risultati e il Parma che ha una rosa in linea con l’obiettivo prima di salvarsi e poi di piazzarsi in classifica il più possibile verso le posizioni che permettono l’accesso alle coppe internazionali. Per un totale di quattro punti incamerati fra le cosiddette mura amiche in cinque partite con una media di 0,8 a gara che porterebbe dritto dritto alla retrocessione. Oppure il Torino è quello che in trasferta ha conquistato tre punti con l’Atalanta travolta nel secondo tempo quando i bergamaschi praticamente non hanno giocato e uno con: il Siena nella partita che segnava il ritorno dei granata in serie A dopo un calvario lungo tre anni in cadetteria, la Sampdoria altra neopromossa e in quel periodo in buona forma, la Lazio superiore per qualità e il Napoli che su cinque gare in casa aveva sempre vinto. Per un totale di sette punti incassati in giro per l’Italia in cinque partite con una media di 1,4 che garantirebbe la permanenza in serie A.
In tempi di vacche magre assume ancora maggiore valore la locuzione pecunia non olet (il denaro non ha odore, ndr) figuriamoci se si può essere sofistici su quando e dove s’incamerano i punti, che se proprio non smuovono significativamente la classifica almeno permettono di continuare a mantenere una posizione al di sopra della zona calda della retrocessione. Però non bisogna illudersi che prestazioni che non hanno fatto sfigurare al confronto con squadre che hanno maggiore qualità bastino a raggiungere l’obiettivo. Facendo un ragionamento meramente di classifica finale non si può non tener conto che i due punti conquistati con Lazio e Napoli hanno poca valenza, perché se nelle gare con Cagliari e Parma si fossero agguantati almeno tre punti e se poi nelle ultime due trasferte non se ne fossero fatti nessuno il Torino avrebbe un punto in più. Questo la dice molto lunga sull’importanza di saper puntare a ottenere il massimo nelle partite strategiche che ovviamente sono quelle con le dirette concorrenti alla salvezza.
Il Bologna arriva a pennello perché ha come traguardo finale lo stesso del Torino, ha una rosa con valori non molto differenti a quella granata, ha palesato problemi in questo avvio di stagione, ha tre punti in meno in classifica, fuori casa ha perso cinque partite su sei, unica vittoria con la Roma. Quindi non esiste migliore occasione per il Torino di dimostrare di saper competere conquistando i tre punti con chi è alla portata, producendo una prestazione come quelle che ha già dimostrato di saper fare con Lazio e Napoli. Farlo sarebbe un segnale forte di maturità raggiunta, anche perché poi inizia un altro filotto di partite molto impegnative Roma, Fiorentina, Juventus e Milan con squadre di caratura superiore dove non sarà facile conquistare punti. La salvezza si costruisce di partita in partita senza scordare che con la vittoria che vale tre punti il pareggio, a gioco lungo, non dà abbastanza garanzie di raggiungere l’obiettivo prefissato e che non bastano prestazioni buone se poi non sono concretizzate con la vittoria, non c’è sempre un Aronica che incappa in uno sciagurato retropassaggio che diventa il miglior assist possibile per un attentissimo Sansone che con freddezza e lucidità salta il De Sanctis di turno e segna conquistando così un punto.
[Elena Rossin – Fonte: www.torinogranata.it]