Essere in una posizione di classifica che permette di guardare da una distanza di sicurezza la zona dove le altre squadre lottano per non retrocedere fa provare sensazioni piacevoli e anche un po’ di rivalsa nei confronti di chi, a inizio stagione, non riteneva il Torino adeguato a disputare un campionato senza particolari patemi. Non abbassare la guardia è doveroso perché il calcio è imprevedibile e i filotti di risultati positivi prima o poi s’interrompono: nessuno può sfuggire alla legge di Murphy, se qualcosa può andar male, accadrà. Senza tirarsi addosso la sfortuna pensando negativo, è bene però non lasciarsi andare a facili entusiasmi prima di aver raggiunto la matematica salvezza.
L’aria che si respira attorno al Torino è indubbiamente salubre e si sa che positività porta positività, ma certe ideuzze che cominciano ad insinuarsi potrebbero indurre a pensare che tutto va bene e che lacune e problemini siano solo un ricordo del passato. Perché ciò sia vero bisogna che per un lasso di tempo lungo ci sia: continuità di rendimento della maggior parte dei calciatori, crescita costante nel riuscire ad imporre il proprio gioco a prescindere dall’avversario, raggiungimento di risultati positivi in modo da aumentare le vittorie e ridurre i pareggi. E’ giusto che si guardi alle squadre che precedono e si provi a raggiungerle, senza però pensare che al primo anno di serie A, dopo tre di B, traguardi come l’Europa League siano alla portata, lo saranno in futuro oggi rischiano solo di far fare il passo più lungo della gamba. La crescita del gruppo c’è stata e per questo vanno riconosciuti meriti a Ventura e ai giocatori, ma di qui ad avere una squadra di fenomeni ce ne corre, non bastano alcune partite per far sì che un calciatore passi dall’essere una promessa al divenire una realtà, chiedere per conferme a Gillet e Gazzi quanto si deve lavorare per avere un rendimento positivo costante.
La gara di domani con l’Udinese è il perfetto banco di prova per capire se al Torino tutti stanno con i piedi ben ancorati a terra e se i progressi sono incanalati verso l’essere duraturi o sono ancora ondivaghi, così come il rendimento di alcuni giocatori. Non è tanto il risultato che lo dirà, indubbiamente tornare con punti in tasca aiuta, ma è ancora più importante ai fini del salto di qualità il tipo di gioco che verrà sviluppato in campo e l’atteggiamento di tutti nell’arco dell’intera partita. La squadra di Guidolin è sicuramente meno forte di quella dello scorso campionato, ma gioca un buon calcio e anche quando è in difficoltà, come accadde nella partita d’andata con il Torino, riesce con le squadre alla portata a ottenere il risultato che ragionevolmente sa di poter conseguire: si presentò all’Olimpico con l’intento di pareggiare e ci riuscì, così come ha fatto sabato scorso la Sampdoria. Poi potrà intervenire anche un pizzico di fortuna, pali, traverse, una decisione arbitrale favorevole, ma una squadra che ha raggiunto la consapevolezza del suo valore riesce quasi sempre a centrare l’obiettivo che si prefigge. Il salto di qualità che deve fare il Torino consiste proprio in questo, domenica dopo domenica, senza pericolosi voli pindarici proseguendo per la strada intrapresa.
[Elena Rossin – Fonte: www.torinogranata.it]