Miei cari amici genoani da Boccadasse al Mato Grosso finalmente si torna alla vittoria. Un successo ancora una volta “da Genoa” con sofferenza e sacrificio: ma alla fine è giunto. D’altronde come mi raccontava l’amico Marco del pullman Red&Blue «la sofferenza è nel dna dei genoani». Aggiungo che il 3-2 sull’Udinese per certi versi è stato simile a quello contro la Juventus a Torino, stile “Fuga per la vittoria”, a causa dello zampino (indesiderato) dell’arbitro Doveri. A proposito del direttore di gara domani prepareremo una petizione, in cui daremo la possibilità ai nostri lettori di chiedere al designatore Stefano Braschi di cominciare a inviare per le partite contro il grifone arbitri che almeno non sbaglino come oggi. Ripetiamo, ad uso dello stesso designatore, che Marco Rossi ha colpito la palla e non Di Natale in area di rigore: ma è stato ingiustamente espulso, come già Moretti domenica scorsa e, qualche mese fa, Kaladze per aver osato semplicemente parlare al direttore di gara. Non è possibile che la squadra rossoblù sia costantemente tartassata.
E torniamo a oggi. Nel primo tempo il Genoa ha sofferto la velocità dell’Udinese, com’era nelle previsioni. Il gol degli ospiti è arrivato però su calcio d’angolo enon su azione. In quel momento ho pensato: siamo “del gatto”, come si dice a Genova e dintorni. Mi aspettavo che i rossoblù si spingessero in avanti, senza costrutto come purtroppo è spesso accaduto, e gli avversari colpissero in contropiede. Invece, i ragazzi di Marino si sono disposti con un 3-5-2 tutto corsa e pressing, mettendo in seria difficoltà più volte gli uomini di Guidolin. Il tecnico friulano ha affermato nel dopopartita che la sua squadra ha avuto un momento di black out,nei primi minuti della ripresa. La spiegazione è diversa.
È avvenuto che il Genoa, sicuramente per la “strigliata” del tecnico e di Frey (ormai assurto al ruolo di leader dello spogliatoio, ha iniziato a premere sempre più gli avversari, mettendoli alle corde, e a infilarli due volte. Marino lo ha capito bene: bisognava contrastare i bianconeri con le loro stesse armi, pena un’altra sconfitta con polemiche e cori di prefiche a lutto. Ed è stata una grande sorpresa la riscoperta di Constant nel ruolo di cursore sinistro: l’errore di Guidolin è stato quello di concedergli ampi spazi che il guineano ha sfruttato a dovere. Altra sorpresa: Gilardino uomo assist che ha servito i compagni, ma ha cercato anche il gol senza fortuna.
È tornato Palacio in forma ed è stato un toccasana. Finalmente si è rivisto il Mesto rapido e concreto che non si vedeva da tempo: Merkel è stato un perfetto anello di congiunzione tra centrocampo e attacco. Si segnala il gran Granqvist tornato in goleador come in Olanda, oltre a far muro sull’ex Floro Flores. E come non ricordare il contributo di Bosko Jankovic, ritornato ai livelli di quando l’avevo soprannominato “l’uomo di tacco” del gol segnato a Lecce nel dicembre 2008. Gran finale con Biondini che ho soprannominato “Federico Barbarossa”: concreto e spietato (come l’imperatore germanico) contro la difesa avversaria, non solo corre ma dimostra di avere “piedi buoni”. Un altro acquisto indovinato del presidente Preziosi: la settimana scorsa avevo scritto che il numero uno rossoblù vede e provvede. Continuerà sicuramente a farlo fino alla fine del mercato di gennaio.
Prima della trasferta di Palermo, ce n’è un’altra più importante: giovedì a Milano contro l’Inter. E’ ormai diventato un appuntamento fisso con i nerazzurri in Coppa Italia, che purtroppo significa anche la fine del cammino del Genoa nella competizione. Pasquale Marino ha un’altra sfida affascinante davanti a sé: proviamo (ovviamente senza imperativi categorici, vista la caratura dell’avversario) a levarci uno sfizio tutto rossoblù?
[Marco Liguori – Fonte: www.pianetagenoa1893.net]
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