Toro, il punto: manca ancora un vero playmaker

306 0

In casa della Sampdoria il Toro gioca la peggiore partita dal punto di vista offensivo, ma porta a casa il punto che forse cercava. Intendiamoci, dal punto di vista organizzativo, ma anche sostanzialmente sotto il profilo del gioco, i granata si dimostrano persino superiori ai blucerchiati, che mi sono apparsi piuttosto disordinati in alcuni frangenti di gioco, ma questo non è bastato. Perché, la squadra di Ferrara, in modo particolare dopo il rigore di Bianchi, ha dimostrato di avere un carattere ed una rabbia agonistica maggiore, e gli uomini di Ventura si sono dimostrati incapaci di gestire tempo ed emozioni, subendo il clima torrido che gli avversari avevano imposto.

Di buono c’è che, ancora una volta, il Toro ha dimostrato di poter tenere testa a qualsiasi avversario, più o meno blasonato che sia, senza perdere la propria identità di gioco, con i limiti che sono propri di questa squadra, mettendo anche in mostra i tanti pregi che la “cura” Ventura, in due stagioni, è riuscita a portare alla luce.

Qualcosa però non ha funzionato, anche perché il Toro è squadra che costruisce gioco ed occasioni, e questo onestamente è mancato a Genova. Personalmente ho apprezzato, e non poco, la partita di Bianchi e di Meggiorini, tanto che mi sono stupito, e questa volta non poco, nel leggere alcuni giudizi. Sicuramente i due, hanno inciso pochissimo negli ultimi venti metri, ma la mole di lavoro svolta in copertura, al servizio della squadra, è stata importante non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche da quello qualitativo. Non meno hanno faticato Gazzi e Vives, davvero perfetti in copertura, tanto che chiedere anche qualità in impostazione mi è sembrato inverosimile.

Però, come già detto, qualcosa è mancato, ovvero il playmaker, ciò l’uomo capace di far ripartire il gioco dalla difesa, senza dover forzatamente coinvolgere gli esterni, e, di fatto, aggiungere imprevedibilità e velocità alla manovra. L’anello debole, almeno contro la Sampdoria, mi è sembrato il gioco degli esterni, sia offensivi che difensivi. In sostanza mi è piaciuta pochissimo la partita di Darmian e Masiello, quest’ultimo ancora una volta pericolosamente in ritardo nella chiusura sull’incursione di Gastaldello, così come poco ho apprezzato la partita di Santana e di Cerci, troppo ricca di chiaroscuri. Se i primi due mi sono apparsi troppo timidi in alcuni frangenti, almeno quando le condizioni lo permettevano, nell’appoggiare la manovra offensiva, Santana mi è apparso per lunghi tratti fuori dal gioco, incapace di innescarsi, e di innescare il gioco dei granata. Discorso a parte merita Cerci, che in due o tre frangenti ha dimostrato di avere stoffa e classe. L’impressione che ho avuto, ma potrei anche tranquillamente sbagliarmi, che sia ancora lontano dalla forma ideale.

Quanto agli errori difensivi, fanno parte del gioco, si può lavorare per limitarne l’incidenza, ma pensare di eliminarli totalmente è francamente impossibile.

Ora pensiamo all’Udinese, in una partita che tra tutte quelle finora giocate è quella con il maggiore coefficiente di difficoltà, vuoi perché è infrasettimanale, vuoi perché l’Udinese ha in squadra il migliore attaccante del campionato, vuoi perché, modulo a parte, la squadra di Guidolin ha un gioco simile a quello di Ventura. Se il Toro ha nella ripartenza veloce la sua arma più letale, i friulani possono a ragione considerarsi la squadra di punta per questo tipo di gioco, dimostrandosi sempre capaci di trovare nella transizione offensiva, la soluzione migliore e più efficace. Il Toro dovrà essere veramente bravo a non prestare il fianco all’Udinese, che è anche temibilissima sulle palle inattive, e giocare una partita accorta, tenendo presente che il pacchetto difensivo dei bianconeri non è imperforabile, anzi soffre alcune situazioni di gioco, primo tra tutti, gli attaccanti serviti con una certa costanza.

[Flavio Bacile – Fonte: www.torinogranata.it]