Con il Genoa avete conquistato un punto che vuol dire un passo importante in chiave salvezza oppure il pareggio è stato un’occasione persa poiché con la vittoria sarebbe stata salvezza certa?
“Mi assumo la responsabilità di dire che siamo salvi. Mi dispiace un po’ per i fischi perché giustamente i tifoni non hanno apprezzato una partita giocata in questa maniera. Da un lato li capisco e credo che dipenda dall’esperienza, che mi è stata raccontata, di quattro anni fa e penso che avrebbero voluto ripagare il Genoa con la stessa moneta. Secondo me una partita non può cancellare due anni di lavoro svolto e dico due anni perché sono qui da questo tempo. Se vogliamo analizzare la partita di ieri sera non c’è da dire neanche una parola. Se, invece, si vuole analizzare velocemente l’intero percorso intrapreso credo che bisogna ricordarsi da dove siamo partiti e non siamo partiti, purtroppo per me, dallo scudetto del 1976, ma dalla Sisport due anni fa con cinquemila persone incavolate (il mister ha usato un termine più colorito, ndr) nere che insultavano tutti perché erano deluse. Allora l’obiettivo era quello della promozione e alcuni giornalisti mi dicevano che “anche se non vinci basta che riporti un po’ d’entusiasmo”, parlo della ricostruzione di quella che è stata chiamata la cellula granata, e alla fine della scorsa stagione, credo, che questi due obiettivi siano stati centrati perché siamo saliti di categoria dominando il campionato, infatti, alla festa per la promozione c’erano sotto la pioggia ottantamila persone che cantavano e hanno imbandierato la città di granata. Quindi le bandiere sono state tirate fuori dai cassetti. Poi siamo ripartiti quest’anno e molti giornalisti in questo momento qui presenti non credevano che con la struttura e il gruppo dello scorso anno avremmo fatto la serie A e alcuni giornalisti mi hanno mandato degli sms, che ho conservato, dove mi dicevano “dove vai con questa squadra?” e altri mi hanno scritto “a gennaio sarai già retrocesso”. E’ vero che avevamo tanti esordienti nella categoria e oltre a quelli che ieri erano in campo i vari D’Ambrosio, Basha, Darmian, Glik, tanto per citarne alcuni, c’erano anche Sgrigna e Sansone e invece fino a sette-otto domeniche fa eravamo una delle squadre, tra virgolette, rivelazione e gli addetti ai lavori ne parlavano per come giocavamo e per quello che proponevamo nonostante i molti esordienti. Poi è successo qualche cosa di veramente surreale ed è questo il mio grande rammarico: si è persa una partita folle a Cagliari e la terza miglior difesa del campionato, parliamo sempre del Torino neo promosso, improvvisamente perde a Parma dopo aver dominato la partita e dico dominato perché mi ricordo perfettamente che eravamo in vantaggio e dopo aver sbagliato il gol del raddoppio, palo pieno a portiere battuto, succede qualche cosa di surreale. Così possiamo fare l’elenco delle partite che hanno cancellato il vantaggio accumulato, qualcuno dice volutamente cancellato, mancano i punti di Inter-Torino dove avremmo meritato di vincere, mancano i punti di Milan-Torino dove questi ragazzi avrebbero meritato di vincere, questo non detto da me, ma dall’allenatore degli avversari, e mancano i punti contro il Napoli, la Roma, tutte patite che, sinceramente, non avemmo meritato di perdere. Ecco quei punti mancanti hanno fatto sì che ieri sera abbiamo dovuto (sospira, ndr) fare una partita non da Torino, se devo essere sincero”.
Ma neanche da Ventura poiché ha un po’ snaturato il suo credo tattico e anche in casa ha schierato una difesa a cinque.
“Se si fosse persa la partita di ieri sera … il calcio è fatto per qualcuno di parole e per altri di fatti. Quattro anni fa Torino-Genoa è stata una gara di gran lunga più intensa e il Torino è retrocesso, mentre ieri il Torino ha raggiunto la salvezza con una domenica d’anticipo (in realtà mancano due partite, ndr), quindi può di nuovo mettere sul piatto della bilancia il terzo obiettivo perché l’anno scorso erano la promozione e la ricostruzione e quest’anno era la salvezza, ripeto, contro l’opinione di tutti che dicevano che non sarebbe stato possibile. L’anno prossimo abbiamo il Torino, con me o senza di me, ma questo non ha importanza, ha l’obiettivo di trasferirsi in maniera definitiva nella parte sinistra della classifica e se non si fosse raggiunta la salvezza tutti questi discorsi non si potrebbero fare. Qui può succedere che una partita cancelli radicalmente due anni di lavoro, ma dalle altre parti non succede. Domenica scorsa il Chievo ha giocato contro il Cagliari e hanno detto che i portieri sono stati bravi a non toccare mai la palla perché i difensori erano stati abilissimi, mentre qui della gara di ieri sera si dice esattamente il contrario, perché, purtroppo, ogni posto ha le sue regole. Ribadisco il concetto, sono dispiaciuto per i fischi soprattutto per i giocatori, ma capisco i tifosi che sono la parte in assoluto migliore. Li ringrazio sempre, l’ho già detto, ma lo ripeto che ringrazio quei quattordicimila contro il Lumezzane, quelli non li potrò mai dimenticare perché sono quelli che mi hanno dato la forza di lavorare otto-dieci ore al giorno e sono quelli che mi hanno dato la determinazione feroce di riuscire a mandare Basha in nazionale a ricostruire Cerci che era perso e qui mi fermo poiché l’elenco è lungo. Non c’è merito, ma c’è il lavoro e poi c’è la grande disponibilità dei calciatori. Abbiamo dovuto gestire situazioni obiettivamente non facili per mille motivi che si conoscono perfettamente e sotto quest’aspetto sarebbe stato bello raggiungere la salvezza fra gli applausi e non tra i fischi. E’ stato fatto qualche cosa d’importante. E’ troppo facile dire per otto mesi che questi a gennaio sono già retrocessi e poi non apprezzare la salvezza con una domenica d’anticipo, questo obiettivamente diventa difficile da capire, però comprendo lo stato d’animo dei tifosi perché, parlo per me e non a nome della squadra, io nei confronti dei tifosi sono assolutamente debitore in quanto quei quattordicimila mi hanno dato la possibilità di entrare in campo ogni domenica orgoglioso”.
Parla al passato, cosa vuol dire?
“Non parlo al passato né al presente, ho fatto una disamina corretta, credo, e a me dispiace perché qui si vive molto di ricordi ed è strano che improvvisamente si dimentichi il ricordo a breve scadenza e si rammenti solo il passato. E’ giusto ricordare tutto”.
Quello che è stato seminato finora è per intraprendere un nuovo ciclo o per far sì che lei abbia nuovi stimoli?
“Lasciamo stare Ventura che non conta niente. Credo che si sia costruita la struttura di questi giocatori e quando parlo di struttura intendo cultura del lavoro, serietà, conoscenze e il concetto di disponibilità. Quando parlo di Cerci in Italia mi dicono “non è possibile”, ma perché non sono riusciti gli altri e cosa ho fatto io per recuperarlo? Quante ore ho dedicato, quanti confronti, quante analisi, quante introspezioni queste sono parole sconosciute nel mondo del calcio, ma noi le abbiamo vissute. Ecco perché bisogna dire bravi a questi giocatori. Se mi si dice “per la partita con il Genoa dice bravi a questi giocatori?” allora si è prevenuti, se, invece, si vuole fare un discorso serio quando sono arrivato molti si riempivano la bocca, lo dico senza polemica, con programmazione, crescita. Ma cosa significano programmazione e crescita? Per me crescita significa dare la possibilità a un giocatore che non ha mai giocato in serie A di fare esperienza e acquisire conoscenze in modo tale che non si facciano primi tempi come quello di ieri sera. E questa è stata un’altra esperienza non positiva che è stata incamerata, questa fa parte della crescita. Programmazione è la capacità di leggere e capire chi è pronto per essere una pedina importante all’interno di una struttura con alle spalle una storia pesante come quella del Toro”.
Promette ai tifosi che vedranno un Toro che attaccherà a testa bassa con il Catania?
“Lo dico ora, che non ne ho la certezza, vorrei salvarmi con una domenica d’anticipo e se dovesse succedere adesso a botta calda affermo che mi piacerebbe far giocare Bakic, Caceres, Coppola, quei giocatori che hanno lavorato in silenzio per un anno intero sapendo di non poter essere utilizzati perché non gli si poteva dare responsabilità. Questi sono i veri grandi protagonisti in questo gruppo. Ribadisco, sono quelli che hanno lavorato in silenzio incoraggiando quelli che andavano in campo senza mai loro andare in campo. Ecco perché sono orgoglioso di questi giocatori”.
[Elena Rossin – Fonte: www.torinogranata.it]
Con il Genoa avete conquistato un punto che vuol dire un passo importante in chiave salvezza oppure il pareggio è stato un’occasione persa poiché con la vittoria sarebbe stata salvezza certa?
“Mi assumo la responsabilità di dire che siamo salvi. Mi dispiace un po’ per i fischi perché giustamente i tifoni non hanno apprezzato una partita giocata in questa maniera. Da un lato li capisco e credo che dipenda dall’esperienza, che mi è stata raccontata, di quattro anni fa e penso che avrebbero voluto ripagare il Genoa con la stessa moneta. Secondo me una partita non può cancellare due anni di lavoro svolto e dico due anni perché sono qui da questo tempo. Se vogliamo analizzare la partita di ieri sera non c’è da dire neanche una parola. Se, invece, si vuole analizzare velocemente l’intero percorso intrapreso credo che bisogna ricordarsi da dove siamo partiti e non siamo partiti, purtroppo per me, dallo scudetto del 1976, ma dalla Sisport due anni fa con cinquemila persone incavolate (il mister ha usato un termine più colorito, ndr) nere che insultavano tutti perché erano deluse. Allora l’obiettivo era quello della promozione e alcuni giornalisti mi dicevano che “anche se non vinci basta che riporti un po’ d’entusiasmo”, parlo della ricostruzione di quella che è stata chiamata la cellula granata, e alla fine della scorsa stagione, credo, che questi due obiettivi siano stati centrati perché siamo saliti di categoria dominando il campionato, infatti, alla festa per la promozione c’erano sotto la pioggia ottantamila persone che cantavano e hanno imbandierato la città di granata. Quindi le bandiere sono state tirate fuori dai cassetti. Poi siamo ripartiti quest’anno e molti giornalisti in questo momento qui presenti non credevano che con la struttura e il gruppo dello scorso anno avremmo fatto la serie A e alcuni giornalisti mi hanno mandato degli sms, che ho conservato, dove mi dicevano “dove vai con questa squadra?” e altri mi hanno scritto “a gennaio sarai già retrocesso”. E’ vero che avevamo tanti esordienti nella categoria e oltre a quelli che ieri erano in campo i vari D’Ambrosio, Basha, Darmian, Glik, tanto per citarne alcuni, c’erano anche Sgrigna e Sansone e invece fino a sette-otto domeniche fa eravamo una delle squadre, tra virgolette, rivelazione e gli addetti ai lavori ne parlavano per come giocavamo e per quello che proponevamo nonostante i molti esordienti. Poi è successo qualche cosa di veramente surreale ed è questo il mio grande rammarico: si è persa una partita folle a Cagliari e la terza miglior difesa del campionato, parliamo sempre del Torino neo promosso, improvvisamente perde a Parma dopo aver dominato la partita e dico dominato perché mi ricordo perfettamente che eravamo in vantaggio e dopo aver sbagliato il gol del raddoppio, palo pieno a portiere battuto, succede qualche cosa di surreale. Così possiamo fare l’elenco delle partite che hanno cancellato il vantaggio accumulato, qualcuno dice volutamente cancellato, mancano i punti di Inter-Torino dove avremmo meritato di vincere, mancano i punti di Milan-Torino dove questi ragazzi avrebbero meritato di vincere, questo non detto da me, ma dall’allenatore degli avversari, e mancano i punti contro il Napoli, la Roma, tutte patite che, sinceramente, non avemmo meritato di perdere. Ecco quei punti mancanti hanno fatto sì che ieri sera abbiamo dovuto (sospira, ndr) fare una partita non da Torino, se devo essere sincero”.
Ma neanche da Ventura poiché ha un po’ snaturato il suo credo tattico e anche in casa ha schierato una difesa a cinque.
“Se si fosse persa la partita di ieri sera … il calcio è fatto per qualcuno di parole e per altri di fatti. Quattro anni fa Torino-Genoa è stata una gara di gran lunga più intensa e il Torino è retrocesso, mentre ieri il Torino ha raggiunto la salvezza con una domenica d’anticipo (in realtà mancano due partite, ndr), quindi può di nuovo mettere sul piatto della bilancia il terzo obiettivo perché l’anno scorso erano la promozione e la ricostruzione e quest’anno era la salvezza, ripeto, contro l’opinione di tutti che dicevano che non sarebbe stato possibile. L’anno prossimo abbiamo il Torino, con me o senza di me, ma questo non ha importanza, ha l’obiettivo di trasferirsi in maniera definitiva nella parte sinistra della classifica e se non si fosse raggiunta la salvezza tutti questi discorsi non si potrebbero fare. Qui può succedere che una partita cancelli radicalmente due anni di lavoro, ma dalle altre parti non succede. Domenica scorsa il Chievo ha giocato contro il Cagliari e hanno detto che i portieri sono stati bravi a non toccare mai la palla perché i difensori erano stati abilissimi, mentre qui della gara di ieri sera si dice esattamente il contrario, perché, purtroppo, ogni posto ha le sue regole. Ribadisco il concetto, sono dispiaciuto per i fischi soprattutto per i giocatori, ma capisco i tifosi che sono la parte in assoluto migliore. Li ringrazio sempre, l’ho già detto, ma lo ripeto che ringrazio quei quattordicimila contro il Lumezzane, quelli non li potrò mai dimenticare perché sono quelli che mi hanno dato la forza di lavorare otto-dieci ore al giorno e sono quelli che mi hanno dato la determinazione feroce di riuscire a mandare Basha in nazionale a ricostruire Cerci che era perso e qui mi fermo poiché l’elenco è lungo. Non c’è merito, ma c’è il lavoro e poi c’è la grande disponibilità dei calciatori. Abbiamo dovuto gestire situazioni obiettivamente non facili per mille motivi che si conoscono perfettamente e sotto quest’aspetto sarebbe stato bello raggiungere la salvezza fra gli applausi e non tra i fischi. E’ stato fatto qualche cosa d’importante. E’ troppo facile dire per otto mesi che questi a gennaio sono già retrocessi e poi non apprezzare la salvezza con una domenica d’anticipo, questo obiettivamente diventa difficile da capire, però comprendo lo stato d’animo dei tifosi perché, parlo per me e non a nome della squadra, io nei confronti dei tifosi sono assolutamente debitore in quanto quei quattordicimila mi hanno dato la possibilità di entrare in campo ogni domenica orgoglioso”.
Parla al passato, cosa vuol dire?
“Non parlo al passato né al presente, ho fatto una disamina corretta, credo, e a me dispiace perché qui si vive molto di ricordi ed è strano che improvvisamente si dimentichi il ricordo a breve scadenza e si rammenti solo il passato. E’ giusto ricordare tutto”.
Quello che è stato seminato finora è per intraprendere un nuovo ciclo o per far sì che lei abbia nuovi stimoli?
“Lasciamo stare Ventura che non conta niente. Credo che si sia costruita la struttura di questi giocatori e quando parlo di struttura intendo cultura del lavoro, serietà, conoscenze e il concetto di disponibilità. Quando parlo di Cerci in Italia mi dicono “non è possibile”, ma perché non sono riusciti gli altri e cosa ho fatto io per recuperarlo? Quante ore ho dedicato, quanti confronti, quante analisi, quante introspezioni queste sono parole sconosciute nel mondo del calcio, ma noi le abbiamo vissute. Ecco perché bisogna dire bravi a questi giocatori. Se mi si dice “per la partita con il Genoa dice bravi a questi giocatori?” allora si è prevenuti, se, invece, si vuole fare un discorso serio quando sono arrivato molti si riempivano la bocca, lo dico senza polemica, con programmazione, crescita. Ma cosa significano programmazione e crescita? Per me crescita significa dare la possibilità a un giocatore che non ha mai giocato in serie A di fare esperienza e acquisire conoscenze in modo tale che non si facciano primi tempi come quello di ieri sera. E questa è stata un’altra esperienza non positiva che è stata incamerata, questa fa parte della crescita. Programmazione è la capacità di leggere e capire chi è pronto per essere una pedina importante all’interno di una struttura con alle spalle una storia pesante come quella del Toro”.
Promette ai tifosi che vedranno un Toro che attaccherà a testa bassa con il Catania?
“Lo dico ora, che non ne ho la certezza, vorrei salvarmi con una domenica d’anticipo e se dovesse succedere adesso a botta calda affermo che mi piacerebbe far giocare Bakic, Caceres, Coppola, quei giocatori che hanno lavorato in silenzio per un anno intero sapendo di non poter essere utilizzati perché non gli si poteva dare responsabilità. Questi sono i veri grandi protagonisti in questo gruppo. Ribadisco, sono quelli che hanno lavorato in silenzio incoraggiando quelli che andavano in campo senza mai loro andare in campo. Ecco perché sono orgoglioso di questi giocatori”.