Ventura sì oppure no, la barzelletta continua. I narratori? Vecchia storia

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La situazione è ormai sfuggita di mano. Il clima, nero e cupo come impone la drammatica realtà in cui si vige. Nelle ultime ore, poi, i malumori e le sofferenze di una piazza, spiattellate in faccia, e con toni accesi, al mister manco tutto il resto fosse immune da colpe.

Nel pomeriggio di ieri, tante le voci che si sono susseguite sul possbile, e per molti inevitabile, allontanamento di Giampiero Ventura dalla città di Bari, dalla squadra biancorossa. Un addio, uno strappo che fonda le sue radici in tempi più remoti, mica adesso. Una convivenza fattasi sempre più scomoda, senza voglia e comunione di idee già da metà ottobre, o forse prima, quando il Bari attuale era in cantiere a prendere forma e a costruire la sua stagione. Un sussegursi di sconfitte e sfortune che, miscelati alla testardaggine tattica del tecnico del galletto e al menefreghismo acuto della società barese, hanno portato la creatura biancorossa sull’orlo di un precipizio.

Un burrone ora difficile da scanzare. Una discesa che, classifica alla mano, riporterà il galletto negl’inferi della serie minore a quella in cui si gioca adesso. Questo, per il gran dispiacere di tifosi, amanti ed appasionati di pallone, che non poco si erano (ri)avvicinati alle vicende di questa squadra la passata stagione. Purtroppo, però, tale dispiacere non ha toccato, evidentemente, chi di dovere, che, ancora imperterrito, continua a fare tutto il male possibile a questo gruppo, a partire dalla balorda gestione dell’allenatore.

Non è facile restare indifferenti alla tentazione di raccontare ora, come in una storia, l’intera avventura di Giampiero Ventura (scusate il gioco di parole), passato da mister libidine a carnefice principe dell’ex corazzata biancorossa, trasformatasi a sua volta, nel giro di un’estate, da topolina frizzante, divertente e pericolosa a un’insieme di macerie calpestabili e superabili anche da una squadra di categoria inferiore. I mali partano da lontano, e iniziano con l’allontanamento di uno dei due artefici della risalita nell’olimpo del pallone: Giorgio Perinetti (l’altro è mister Conte, furbo ad abbandonare prima…).

Da lì, si è gradualmente spenta la luce. Il gallo, giorno dopo giorno, ha cantato sempre più sottovoce il suo canto soave, sino ad arrivare a stonare completamente nelle ultime domeniche, quelle della possibile svolta, della rimonta mai completata ma solo promessa, soprattutto dal tecnico ligure, lasciato sempre solo dalla società dinnanzi a taccuini e televisioni a spiegare e promettere qualcosa in cui, nemmeno il narrattore, ci credeva davvero. Mesi di prese per i fondelli, condite dal solito mutismo dei piani alti di via Torrebella che, conscia dei propri difetti, ha preferito sempre e comunque restare lontana da occhi indiscreti sfruttando quel pover uomo di Ventura, costretto come detto in precedenza, a portare la croce, sia in pubblico che all’interno del suo gruppo.

Questo, forse, l’errore più grande che il vecchio Giampiero ha consumato in questi mesi, mettendosi a capo chino a servire il padrone, beccandosi critiche ed insulti che, obiettivamente, andavano e andrebbero rivolti altrove. Ha sbagliato Ventura, e lo ha fatto già l’estate scorsa, quando il Bari da lui sognato in fase di mercato, è rimasto tale sino alla fine. Già lì, l’aziendalista Giampiero, avrebbe dovuto sbottare e dire, come fanno decine di allenatori, che il mercato estivo non fosse andato come lui chiedeva, e che per questo, la spettacolare creatura del campionato passato, avrebbe avuto difficoltà a rimettersi in scena. Lui, il genovese, invece, ha subito sbandierato di esser fiero del materiale a sua disposizione, e che la voglia di stupire sarebbe continuata a scorrere nelle vene dei suoi fedeli gladiatori. Lui sperava, certo, ma doveva prevedere, da uomo navigato qual’è, l’impossibilità di attuazione delle sue convinzioni.

Quando, poi, ad ottobre questa squadra dava già la sensazione di non volerne proprio sapere di fare calcio e vincere le partite, si doveva fermare la giostra e prendere una decisione: o cambiamo mentalità, atteggiamento e, magari, schema tattico, o va via l’allenatore, le cui parole magiche sui giocatori non hanno più effetto. Che cosa successe invece? Nulla. Tra un infortunio è una sconfitta, il Bari è arrivato ad oggi come un corpo senz’anima e senza pudore, perdendo tutte, o quasi, le partite a sua disposizione e mettendo in mostra, anche e soprattutto, una fragilità di spogliatoio e una mediocrità di organizzazione degne di una squadra dilettante. Sino ad arrivare ai giorni nostri, quanto i più chiedono, per forza di cose, la testa del coach, che testardo rifiuta l’idea delle dimissioni e continua ad aspettare il calcio nel sedere dal presidente Matarrese, per nulla convinto, stranamente, di dover e voler cambiare allenatore.

Quanto puzzi questa storia, inutile sottolinearlo. La verità è che qui, poche persone, seppur importanti, si stanno prendendo gioco di migliaia e migliaia di tifosi, e non solo. Ventura, probabilmente, non verrà esonerato. Lo stesso, probabilmente, continuerà ad allenare l’As Bari Calcio. Questo perchè, francamente, esonerarlo ora o addirittura tra qualche giorno, non avrebbe senso. Come poco senso ha tutta la vicenda legata a queste persone, che si dicono da sempre innamorate della storia biancorossa, ma che da sempre, o quasi, poco fanno per vederla crescere, felice e degna del rispetto dell’Italia intera. Se, poi, esonero sarà, se divorzio verrà consumato, se ne prenderà atto e si andrà avanti, convinti però che non è questo il modo di lavorare a certi livelli. Zamparini, presidente del Palermo, in situazioni analoghe, avebbe mandato a casa già tre o quattro allenatori. Questo, solo per esempio.

Di chi la colpa? Ventura merita la decapitazione? Angelozzi non è adeguato alla situazione? Scusate, ma i capi di queste persone, coloro che pagano i loro profumati stipendi, dove stanno? Cosa fanno e, soprattutto, cosa hanno fatto per evitare questa vergognosa situazione? Chissà, forse stanno in vacanza con Gaucci dall’altra parte dell’Oceano. Quello stesso Gaucci a cui, con aria spavalda, fu detto dodici anni fa in quasi diretta nazionale: “Gaucci, noi siamo di serie A… Gaucci!!”. L’ex presidente del Perugia, dall’altra parte del Mondo, se la starà ridendo di gusto, ne siamo certi.

[Andrea Dipalo – Fonte: www.tuttobari.com]